Poesia di Domenico Marras
Adesso ho capito Salvato'
Giova', ti cancello da amico,
bada, se non riesci a capire
che i quasi duemila miliardi,
del nostro debito pubblico
non è dovuto agli stipendi
d'oro, né alle pensioni d'oro
e neanche ai vitalizzi d'oro,
né alle frequenti gratifiche,
e tanto meno ai trattamenti
di fine rapporto lavoro;
la cosi detta buonuscita,
anche se di oro pure loro.
Ma lo sai, Giova', quanti soldi
elargivo ai disoccupati,
in gran parte dell'edilizia,
per conto della Previdenza,
quando facevo l'impiegato?
Decine di milioni al mese.
E sai, Giova', quanti miliardi,
il nostro Ente Previdenziale
manda direttamente a casa
dei disoccupati agricoli?
E l'assistenza sanitaria,
tutta, interamente gratuita
che noi lavoratoti abbiamo
ti sembra cosetta da poco?
Capiscilo, Giova', una buona
volta, che siamo noi presunti
poveri a mandare in rovina
la Previdenza ed il Tesoro,
e non certo quei quattro gatti
di signori privilegiati.
Sì, adesso ho capito Salvato'.
Bravo, bravissimo, Giovanni.
Il Capitale, oggi come oggi,
Giova, è superato. La lotta
di classe non ha nessun senso:
siamo alle porte del Duemila,
non in pieno Milleottocento.
Allora era sacro dovere
parlare di forza-lavoro
di plusvalore e capitale,
perché il bracciante agricolo era,
al tempo, servo della gleba,
non quasi ricco come adesso.