Racconto di Gabriele -
Tenera tenebre -
Leggetemi anche se è lungo il racconto ne vale la pena, perchè la storia è vera.
E anche oggi, nel buio ammirando la solita notte privata delle stelle affido il mio tormento con il puzzo di morte alla scìa del destino. Vuole andare in vacanza ed io invano nel procedere in salita, indurisco questo corpo vitreo di stanchezza scalo il pensiero dopo il duro gradino vado in su con il mio desiderio. Sgarbo il sogno della dipartita non voglio ne fiori! ne opere di bene, era meglio offrirli in vita. M'immagino solitario funereo con frac per essere un signor defunto... dell'ultima scena che non deve più barare a chicchessia per coloro che s'inbevono della vita nel mio bicchiere. Gli stolti! che hanno prezzato, rubato e fuggiti via. Il bicchiere, sempre mezzo pieno e mezzo vuoto reo d'umanità, è una ricercata fontana frequentata con voglia di fregare la dignità con l'onestà si ubriacano come gli altri, di disgrazia per raggiunti limiti d'eta, del vivere nel giusto, il tenore della vita. Dio! che male hanno fatto a te che rivolgono tutta la foga d'odio su di me? L'oblìo non è presagio! qui già dal passato è realtà ininterrottamente scorrono in me visioni del male. L'andare avanti parkinsoniano è inquieto per tutti coloro, incolori d'esistenza umana china loro il nero di spalle, ed è stabile confusione mentale. A pelle la malvagità nello stare bene, basta una scintilla per stare peggio avvicinando l'arrivo della fine alla tenera tenebre. In questi momenti di secondi ripassi sogni nascosti per dare anche un plausibile perchè a questa mia dannata esistenza. Non so dire se è fato o me lo sono cercato questa malattia che ha preso il mio corpo oppure è una disgrazia ricevuta da Dio... quando nel dolore di solito fa i miracoli ai miei simili...per grazia ricevuta. Con attenzione attanagliato nell'umore dai malori con i ricordi ferrato più del sapere, del neurologo che ti visita coscienziosamente più per dissipare i suoi dubbi che per dare risposte concrete e, un aiuto psicologico per aiutare il paziente a sopportare i giorni sempre più pieno del suo male quotidiano, giro tra i meandri della mente per avere delle verità alla mia triste realtà. Tesi sdrucidi appesi nel mio armadio sono i vestiti da lavoro, apprendista di falegnameria, d'antico bucato sempre puzzolente di solventi per dare la patina di lucido all'opaca statua di legno e altro prodotto finito della falegnameria. Ogni bambino con le ragazzate cresce nell'adolescenza con profitto maggiorenne sicuro nel fisico e nel morale, così affronta la vita. Ahh la vita sfrontata è un affronto alla mia adolescenza. Quattordicenne sono arruolato con tanto di libretto di lavoro vidimato dall'ufficiale sanitario per fame di soldi per barattare la vita. Buttato lì, inserviente di falegnameria accettato per pietà dai mastri falegnami ebanisti. Talvolta ero lo sopo dei loro giochi io incurante attore delle loro stranezze come quella volta che mi hanno bilanciato un tavolone sulla testa con ricovero in pronto soccorso. Invece, la mia gioia era il consegnare con orgoglio la busta paga con soldi a quell'amazzone di mia madre che amministrava la casa con la solita minestra festa, farina e forca. Questo era la quotidianità della mia gioventù da scolaro e poi apprendista tre mesi ogni anno, per parecchi anni. Quelli erano i tempi e, si doveva lavorare quando si poteva fare perchè, per necessità non c'era altro modo da fare. L'alternativa forse c'era! fare come altri che andavano a rubare. Ed altro a me il fato ha rubato la vita brutta che poi te la presenta formato ricordo da svolgere per rivedere da controllare per far raccontare come sto facenndo io .sono tutti negativi diun rullino il film della vita mia parkinsoniana meritatissima perchè già probabile per ereditarietà poi confermata dalla mia esposizione ai solventi e per la botta in testa con ricovero. Nella tua vigna Signore si raccoglie uva dalle viti, quella più bella si vendemmia per consumare vino d'annata da gustare in calici il flutè a temperatura ambiente senza esagerare per godere delle sue qualità. Lì , presente tra i filoni organizzati in fila stà piantato un legno innestato obliquo, quello è la mia vita. La mia uva è da pasto a chi a tavola, sazio di frutta beve e, s'ubriaca per dimenticare. Eeh, al solito il dimenticato nella bolgia del mondo resta per il vino dannato a vita....come me dannato in una famiglia di disgraziati. Da questa vita imposta con la fretta hanno imparato da te il vivere, in previsione della mia dipartita, dolore, rabbia, tristezza e altro ancora è un arrosto bruciato solo fumo la nostra storia, Ooh Dio li devi rinsavire come rientrano dall'esterno sono esagitati con il vivere rintronati sono agitati esposti al vento di ventura. Signore? Eternamente reo per moglie e figlio sono io il responso del loro disgraziato vivere. Calmatevi! io dico a loro. Sedete, riflettete! con il cuore smacchiato terso di trielina il decorso si prospetta arido per mostrarlo candido al finto mondo. Fregnacce! è per loro il mio ragionare.. Visto parkinson! io sono rimasto senza pane e senza denti... Ooh Dio, restituiamo loro la voglia di vivere almeno, con la mia morte.