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Poesia di Domenico Marras
Colonialismo ed esodo 

Pur odiando la guerra a morte

perché lei solo quella porta,

io, tutte le sante mattine,

mi sveglio e scendo giù dal letto

con l'incontenibile voglia

di far baruffa, d'azzuffarmi

con colui che mi rompe il sonno.

Dopo un po' però mi ravvedo,

ritorno ed esser vecchio saggio

ed evito d'attaccar briga,

al contrario di quanto fanno

a Ventimiglia ed altri varchi

cercati tra gli ostili monti,

ove le sfortunate donne

strette da francesi gendarmi,

vi perdono del ventre il frutto,

gli ipocriti vecchi padroni

dell'Africa e altri continenti,

quando sentono i loro antichi

sudditi, per non dire schiavi,

perché mi pare troppo brutto,

che dagli usci, senza neppure

entrare nelle loro case,

implorano un pezzo di pane

ed avanzi di pranzo e di cena.

E poiché il cibo nelle mense

dei vecchi padroni si perde,

domando: perché non nutrirli,

e dopo rimandarli a casa

uni al volante di un trattore

e altri di una potente ruspa,

regali dell'Unione tutta,

della vecchia colonialista,

al fine di far dell'Africa,

della loro nativa terra.

un grande giardino terrestre

nel quale viverci felici?

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