Poesia di Tony Basili
Didone abbandonata
Ma Didone infine cosa pretende,
Che Enea si fermi da lei perché è bella
Non comprende che il destino non si svende
Né con l’amore né con la scarsella?
E dopo aver goduto d’ogni sua carezza
Veleggia in mare col favore della brezza.
Vede le navi che prendono il largo
Quella mattina appena al far dell’alba
E disperata par ch’esca dal letargo
Che l’aveva resa improvvida e assai scialba
Da non immaginar che col suo regno
Non potea mutar d’Enea il fatal disegno.
Tanti n’avea usati d’allettamenti,
Prima il talamo, ed era portentoso,
E poi ch’eran consci i suoi intenti,
Perfino il regno a quell’uomo avventuroso
Avrebbe dato, ma se la impalmava,
Ché la ritrosia con lui se la levava.
Ed è sdegnata per il vile che va via
Dopo tante cortesie che avea usato
E vorrebbe che qualcun gli sbarri la via
Ma è in mare aperto, quel moriammazzato,
Ed io sola, svergognata da quel guappo,
Che se Giunone m’aiuta me lo pappo.
T’ immagini che dice il delinquente
Che s’è fatta la regina dell’Egitto?
Che gli dava metà del regno a quel fetente,
Ed avea perfino fatto un editto
Con cui diceva alla gente che la regina
Avrebbe voluto Enea pur da concubina.
Chissà cosa Sicheo or le avrebbe detto,
D’averla data a quel figlio di Troia,
Lei, la regina d’Egitto, che non dovrebbe
esser sì disponibile per la foia
Che aveva d’andar a letto col troiano
Che s’illudeva avrebbe chiesta la sua mano.
Come son stata scema con quel fetente
Che avrei potuto imprigionar quand’è venuto
E senza che alcun sapesse niente
Ammazzare lui e il figlio, a quel cornuto,
Che mentre fuggia e lo seguia la moglie
Che rallentò a soddisfare le sue voglie,
Proprio con un greco che, appena entrato,
Stava cercando la strada della reggia
Ed avvicinandolo l’ha sì interpellato:
O te, smettila un po', ché non s’osteggia
Ormai più ché or noi troiane
Solo con voi possiamo far le puttane.
E se siete venuti per riprender quella
Che s’era fatta rapir dal principino
Or che ai nostri avete bucate le budella
Potete vendicar il vil bottino,
Riprendervi noi che saremo ubbidienti
Ed ai vincitor la diamo purché clementi.
Questa la storia di Creusa sua moglie
E non ci credo che lui non sapesse niente,
Ché stava dietro certo però non toglie
Che non s’accorgesse di lei ormai assente
Non era più con loro ché s’era fermata
Con quel greco che poi se l’è ingroppata.
E quello lì l’aveo pure sfamato
Insieme ai suoi compagni sì cenciosi
E così, con l’abbandono m’ ha ripagato!
O dei che siete meco tanto generosi,
non lasciate che quel barbaro viva a lungo,
pensateci voi, se con una lancia non lo raggiungo.