Poeti Emergenti -
Poesia di Antonio Basili -
Un re travicello -
Il giovin villano dopo tant’anni
passati altrove, forse a far danni,
torna al paese con un fisso in testa,
tirare il collo al fesso che resta.
Sdraiato in poltrona, tutto giulivo,
con i suoi tirapiedi, ahi com’è attivo,
a romper i cojoni, a far tutti·fessi····
pensando degli ari,son sempre gli stessi,
è popolo, tutto soggetto al padrone,
e sol va diretto usando il bastone;
il mio, certo, m’hanno eletto,e nessuno
può chiamarmi per nome. Ahimè salv’ognuno.
Io me li magno, li rompo,li spezzo,
se mai tutti quanti, vedrai, non li avvezzo
a chiamarmi Signore, Sovrano, Eccellenza
e a far, da mane a sera, riverenza.
Il giovin sovrano! Oddio, ma è un nano
Largo di culo, ma svelto di mano,
pronta ad usarne come utile tappo,
per qualche fallo, per qualche intoppo;
è piccolo e grasso, davvero tapino,
non sfugge a nessuno, un vero volpino
sempre ad orecchiar, fin nelle mutande,
per poter dir, ti ho colto in flagrante.
Turbato di trovar in sé un bel niente,
è maturato, col crescer ,fetente.
Sa i fatti degli altri, e i loro vizi
ma se delle sue gobbe, ridi, lo stizzi.
Per nulla è cambiato in tutti quest’ anni,
i panni griffati gli copron gli affanni,
ma non la smette di pensare da glande,
si stira col collo, col grugno vagante
si allarga, si sporge, ma rimane qual’ è:
una testa di rapa che s’è fatta da sè .
La storia è questa del·distinto villano
che tardi ha capito di non aver la mano;
ma, guarda chi viene, con la lista di spese,
da far certo pianger questo paese,
di quattro gatti, ma pien di contese:
vien sì gestito un comune paesano
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