Poeti Emergenti -
Poesie di Tony Basili -
Edipo Re -
Vi piaccia, per un poco d’ascoltare,
La storia di chi, fin dalla culla
Non poté la sua sorte indirizzare,
Ch’il corso volse sì, con dritto segno,
Che vano fu l’impegno, al suo parare.
Era Edipo, di Tebe, sul gran regno,
Ché il popolo gli dié, poich’ebbe vinto
La Sfinge, con l’arguzia dell’ingegno.
V'era giunto, da Corinto, come spinto,
Dal Caso, che gli diede di sposare,
La vedova di Laio, da molto estinto,
In uno scontro, nel suo peregrinare.
Era affranta tutta la città nel pianto,
P’un morbo, che non finia di funestare,
E sugli spalti Edipo stava scrutando,
Con la regina Giocasta in attesa
Di suo fratel Creonte dal loco santo,
Ov’era andato, a supplicar difesa
Per la gente prostrata dal gran lutto.
Ecco che giunge , ha una cera distesa.
-Creonte:”l’acre morbo che serpe dappertutto,
sol si placa se di Laio il fin incorso
Sapremo saldar. Ora, il reo di tutto,
Occorre trovare, e benigno corso,
Daremo alla città che ora si sbanda,
Rendendo quel che fé, con egual morso.”
Non c’è però chi memoria vanta
Di quel fatto in cui Laio perse la vita.
Ché n’è corso di tempo, or cinquanta,
di anni, ne son passati, e sol l’aita,
Del vate Tiresia darà risposta.
Questa pare la sola via d’uscita.
Viene quegli, ed il re appena esposta,
La profezia del dio, che la salvezza,
Nel nome dell’uccisor, viene riposta
-Tiresia “-Oh qual atro confine di saggezza,
Voler sapere quel che crea danno
A quei ch’ode se non ha accortezza.
Non mi pressar a dir ché porta affanno,
La verità alla città e più a a te stesso,
Costringer non mi devi a tale sganno!”
Dall'ira del re infine è sottomesso
Ché pensa si ordisca una congiura,
E vuol saper tutto per filo adesso.
-Edipo: “Svelto a dire ché il tuo indugiar non dura,
l'ostinazione ti costerà il bando,
pur la casa subirà lutto e paura!”
-Tiresia: " tu, fosti tu ! che cosa stai dicendo?
Ad altri non puoi fare questa accusa,
Chè tu mantieni un talamo nefando,
Padre e fratello metti a la rinfusa,
E a moglie tua madre tien per conforto
Che dall'origine mai più se ne usa!
E saprai presto che, in questo porto
Non venisti proprio da forestiero,
ma ritornasti, e tuo padre finì morto!”
-Edipo: “Va via, Tiresia! Vate menzognero,
Che quel che dici, complice ti svela
Di Creonte mio cognato per davvero,
Ché il trono ed il poter, questo lo svela,
Come un nemico mi vuole levare ,
e regnar senza controllo e tutela!”
-Creonte: “di accordi con Tiresia, non parlare,
Ché solo di Febo porta consiglio,
e tu sei che l’hai costretto a rivelare…”
-Giocasta:”non ascoltarlo re, poiché il periglio
Che su Laio incombeva per il divino,
Che gli predisse morte da suo figlio,
E’ vano! Ché si sa, che il suo assassino,
Fu uno di fuori, e par che solo il servo
Che scampò può dir di quel mattino,
Ch'il figlio, che in cuore sempre conservo
Dopo tre giorni dacché vide la luce,
Fu affidato legato con un nervo,
Perché il destin di Laio che disser truce,
Mutasse se il figliol fosse soppresso.
E così fece chi greggia conduce.
Re Laio infine dopo tant’anni appresso
Ucciso fu da foschi masnadieri,
Ove si uniscon tre strade lo stesso! “
-Edipo: “tre strade ?! In vero me lo ricordo,
Che lasciata la casa di mio padre,
Ché mi predissero, e ancor non me lo scordo,
Ché ucciso l’avrei, per sposar mia madre,
Proprio là arrivai, ed ebbi una contesa,
Con cinque uomini e lor fur salme atre.”
-Giocasta:”scampò solo un servo da quell’impresa,
Che la raccontò; ma quando ti sposai
Chiese chè ne avea ancor l'anima presa,
Di rimaner sui pascoli dei monti.”
Dal racconto traspare un'ombra oscura,
e Giocasta alle consacrate fonti,
Liba agli dei, alfin che rendano pura
la fronte e il cor d’Edipo d’afflizione,
E d'esser figlio a Polibio l'assicura.
Ma un messo alza il velo all’illusione:
-“Polibio è morto-annunzia- ed or Corinto,
Vuol far Edipo re, p’ acclamazione.”
Ma questi il fato teme ancor convinto
Che se il padre morì mentr’era assente,
Possa da sua madre essere avvinto.
-Il nunzio:” Polibio non ti fu né parente,
né padre, e neppur madre chi tu pensi,
Ch’ella da me t'ebbe, di prole assente,
E io da un pastore cui mancaro i sensi
D’ucciderti, ti presi, ancor legato,
E a Corinto ti portai a quei che pensi
Genitor da cui inver non sei tu nato.
Da un pastore che le pecore portava
Di Laio ti presi quei che qui ha regnato”
“ certo è quel pastore che pascolava-
-Aggiunse un corifero- ancor sui monti,
Che chiamato già è di là che aspettava.”
-Giocasta: ”non indagar, Edipo, ahimé le fonti”
E le lacrime irruppero in Giocasta..
“Non sentir sciagurato questi racconti !”
E fugge per le stanze, ma non basta,
Ché un peso immane par le cada addosso,
E sovr’essa batte come catasta.
Arriva il vecchio allor dai servi mosso,
E il nunzio è a rammentar del Citerone,
Quand’ei con la greggia sul verde dosso
A pascer stava,con quello zuccone,
“ in dono l ebbi da te quel bambino!”
-Vecchio: “va alla malore pezzo di buffone!”
Messo:-"eri tu, quello ch’ebbi da bambino!
Sei tu, Edipo, che portai un dì a Corinto,
Ed ora sei qui, non già un peregrino!”
-Edipo: “ahimé che col fuggir fui convinto,
Di eludere il male che m’ è fatale,
Ma non si può schivar! Or ne son vinto !”
Edipo ora un aer sente ch’è letale,
Spirar per le stanze, un odor di morte,
vede Giocasta appesa a un fil, vestale,
D’un destino che ora scuote le porte,
E tutto annienta senza una ragione
Mutando come ebbro la sua sorte
Ed Edipo slega pien d'afflizione,
Il corpo di sua madre ch'é sua moglie,
Che senza colpa, sono orride spoglie,
Di un Destino che l'ha condotta a morte.
10/2/2000