Poesia di Giorgio Bongiorno
Querce perenni
(Sembra che non debbano mai cedere al vento ma, un giorno cominciano a cadere dei rami......)
Salivo sempre il mattino
All'oratorio
In cima alla collina
Insieme alle ghiandaie fra i lecci
E ai cinghiali sonnolenti
Nascosti nella macchia
Non di rado l ' aquila reale
Disegnava volute trasparenti e solenni
Nel cielo
Ancora incerto tra luna e sole
Con il sospiro della montagna
A pochi passi
Pensavo spesso a mia madre
Come fosse lì a
Camminare con me
Lentamente
A pregare il Signore
A cantare la melodia della speranza
A testimoniare la cantilena della fede
E le note eterne e invincibili
Della vita
E la sentivo sempre vicina
Solida
Dolce
Maestosa
Forte
Orgogliosa
Sicura
Nobile
Mai altera
Come una di quelle querce perenni
Battute da
Mille tempeste
Resistere all'urlo
Dell'ultimo vento di
Tramontana
La rivedevo così spesso
Lassù
E chiamarla e sentire la Sua voce
Era come recitare la fiaba
Del sogno
Dolce e prolungato
Del bambino
Cantare la nenia dei versi
Di quel poeta armeno
Che mi pare dicesse
"La madre è come il pane caldo..."
Era come correre ancora
Dietro il muro di sassi sul sentiero del bosco
Fino al poggio delle rose
Raccoglierle
Vellutate e vermiglie
In un mazzo umido
Di rugiada
Grande come l'amore
Era ancora come ansimare bambino
Nella radura
Sotto i rami dell'olmo
I suoi occhi su di me
E quei colori tenui dell'angelo
Dopo la grande paura
Del temporale
D'estate