Poesia di Gabriele D'Annunzio
Nella belletta
Nella belletta i giunchi hanno l’odore
delle persiche mézze e delle rose passe,
del miele guasto e della morte.
Or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d’agosto cuoce,
con non so che dolcigna afa di morte.
Ammutisce la rana, se m’appresso.
Le bolle d’aria salgono in silenzio.
La natura si avvia all'autunno: tutto intorno ha il sentore di putredine e di stagnante corruzione, dovunque un silenzio di morte si allarga. In questa poesia Gabriele D'Annunzio sente la natura come una creatura vivente, che si sta sfacendo.
« Vi alita un senso afoso e fangoso di morte, di corruzione, in una sapienza di parole dense, precise ed essenziali nel rendere l'impressione del disgusto ».
Barberi Squarotti-Jacomuzzi