Medea
Di cuor inquieto era ma tanto amava
Il suo uomo e per lui che avea tradito
E pure ucciso il fratel e sopportava
D’aver le sue montagne un dì fuggito;
Con Giasone sino in capo al mondo
Sarebbe andata di tal amor nutrito
Tant’era il suo cuore dai figli a fondo
Che il talamo di fiori profumato
Di ogni gioia e ben parea fecondo
Pur se nel vagar tutto avea provato
Ma ogni posto, se non tanto ospitale,
Giasone avea pe' i figli abbandonato,
Però a Corinto un’ambizion fatale
Lo vinse pe’l poter di re Creonte
la cui figlia lo volea in maritale,
E ardea d’amore sì a nozze donde
coronar potean quel grande amore
E in non cal Medea era e come fonte,
Piangea e imprecava piena di furore
L’infedele Giasone che la tradia,
Lei la barbara ed ebbra di livore,
Sia lui che il re e sua figlia maledia.
E però render dovea a lui il frutto
Del tradimento e dell’onta che patia!
Quando Creonte questo ebbe conosciuto
Pensa a scacciar lei ed i figli da Corinto
Ché il livor ne teme ma non sa tutto.
Poi lei si quieta frenando l’istinto
Trattenendo alfin di tesser la trama
E pur Giasone ne pare convinto
Che alfin da quella terra che non ama
voglia lei partir e però i suoi figli,
chissà se a lui lasciar come brama,
Ché con gli altri che avrà dai perigli
Sian lungi ed abbian la stessa sorte
Di altri che nasceran par si consigli.
Medea par quieta e la buona sorte
ai figli pur andrà se vorrà lei
Se lungi lei però sarà da quelle porte.
Ma invierà perciò dei doni e dei più bei,
per i suoi due figli sì che s’assicuri
Ch'essi son di Giason ma pure suoi.
Un peplo alla donna ché di lor si curi
Che le piaccia e sia di buona novella,
Le manda per i figli alfin sicuri,
Chissà s’allegrerà la miserella
Quando addosso lo terrà e col sorriso
Giason stupito le dirà: sei bella!
Questo appronta ma il suo cuore intriso
E’d’odio e di velen per un sol fine,
Che l’ istiga a fare quel ch’ha deciso.
Giasone n’abbia un danno senza fine,
Perché ha lasciato il letto suo deserto
Ma strapieno il nuovo sarà di spine
Che quello che avverrà darà sconcerto,
Sì acre che memoria non se ne trova.
“Vedrà il cor di donna quanto sia esperto!”
Gode del peplo che beltà rinnova
La regina che subito lo indossa
E pensa che una sua la prole nuova
Con quei possa conciliar, commossa,
Che portano i bei doni e la corona
Mette in testa scavandosi la fossa!
Medea esulta e erge la sua fronte
Come leone che tiene tra gli artigli
La sua preda sicuro su pe’l monte
E rugge nel sentir come somigli
La fin di quella dal velen bruciata,
A quei ch’erano stati i suoi consigli
E pur il re è arso con una vampata.
Ed ora ardita e come un'aspra rupe
Dai venti che la sferzan rinforzata,
S’erge e di quel ch'è smaniar da lupe
S’appresta a fare quel che meno vuole
Che mai s’ebbe a sentir di cose cupe
Né dalle belve ch’uccidon la lor prole,
Per fame però non per acre sdegno,
pe' l padre di cui quella molto si duole.
Col ferro nei suoi figli mette a segno
l’odio per lui che l’avea tradita
anche per timor ch’altri di quel regno,
avrebber contro lor morte sancita.
Giasone tardi scappa in aiuto ai figli
e dallo sdegno della gente inviperita
E trova Medea col sangue negli artigli,
Come tigre che trascina nel covile
Le prede come stracci, che sono i figli.
15/3/00