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27 Gennaio Giornata della Memoria
La storia di Rudi Weiss

27 gennaio Giorno della Memoria, una ricorrenza istituita con la Legge 20 luglio 2000 n. 211, dal Parlamento Italiano che ha aderito alla proposta internazionale di far diventare il 27 Gennaio un giorno a ricordo delle vittime dell'Olocausto.
IL MONDO ora la conosce col nome di Kristallnacht, la notte dei cristalli, dei vetri infranti. Essa segnò il vero inizio della distruzione del nostro popolo. lo la vidi; mi ci trovai in mezzo.
E se ancora non avevo compreso a sufficienza gli scopi e i metodi dei nazisti, ora mi erano chiarissimi.
Quei bastardi vigliacchi percorsero la strada in cui il nonno aveva la sua libreria. Infransero le vetrine. Bruciarono la merce. Bastonarono tutti gli ebrei su cui riuscirono a mettere le mani. Due uomini che avevano tentato di reagire furono picchiati a morte sul posto: il signor Cohen,
il pellicciaio, e il signor Seliiman, che gestiva un negozio di cereali.

Infransero la vetrina con la scritta in oro Libreria H. Palitz.
Il nonno era un vecchio coriaceo.
Come mia madre, era convinto, ancora in quegli anni di essere un tedesco migliore di loro, che la sua Croce di ferro lo avrebbe protetto, che qualche miracolo del cielo li avrebbe fatti andar via.
Perciò uscì dal negozio agitando il bastone, dopo che il primo mattone aveva infranto la vetrina, e gridò loro di andarsene.
La marmaglia rispose gettando i suoi libri in strada, edizioni rare, vecchie mappe, tutto, e dandoli alle fiamme.
Lo chiamarono vecchio giudeo, lo atterrarono a pugni, lo picchiarono sulla schiena con bastoni.
Continuò a protestare di essere il capitano Heinrich Palitz, già del Secondo Reggimento mitraglieri di Berlino. Diventarono ancor più furiosi. Mia nonna guardava dalla finestra, invocando a squarciagola la polizia.
Tre poliziotti di Berlino si trovavano all'angolo in fondo alla strada e stavano a guardare mentre la masnada, sette o otto, atterrava il nonno più e più volte, gli riduceva la teita in una massa sanguinolenta, gli strappava la giacca.
Uno di loro lo fece mettere a quattro zampe e gli andò sulla schiena come se fosse un cavallo.
Poi vide Heinz Muller, l'amico della famiglia Helms.
Operaio, sindacalista, era una specie di funzionario mi onore della sezione locale del partito nazista. Era in abiti borghesi e guidava un gruppo che cantava.
Come al solito, il canto di Horst Wesse/. Erano assetati di sangue ebraico.
Rialzarono il nonno in piedi con la forza, i poliziotti stavano ancora guardando, con quel piatto, freddo sorriso sulla bocca, e Muller porse al nonno un piccolo tamburo.
« Sei un fottuto eroe di guerra, Palitz », disse Muller.
« Guida la parata. Batti il tamburo, vecchio bugiardo di un ebreo. »
Dietro al nonno c'era una mezza dozzina di bottegai ebrei. I loro negozi erano stati sfasciati, sacchegaiati, bruciati. La strada era in fiamme.
Quel bastardo di Muller! Mia nonna guardava piangendo, terrorizzata, mentre il nonno cominciava a battere il tamburo e i commercianti ebrei, con cartelli con scritto JUDE appesi al collo, venivano fatti sfilare lungo la strada.
E nessuno alzò un dito.
Mia nonna telefonò a casa nostra e ci disse che cosa stava succedendo,
Lo sapevamo. Si udiva il rumore di vetri infranti in tutto il quartiere.
I miei genitori stavano impietriti nel salotto.
« Chiamo la polizia », disse mio padre. « E una cosa intollerabile.
Si, ci sono leggi contro di noi. ma questo genere di violenza...»
La patetica idea di mio padre che in Germania ci fosse ancora un qualche genere di giustizia mi fece quasi piangere. Essendo un uomo giusto, non poteva credere altrimenti.
« Dobbiamo aspettare... aspettare e pregare », disse mia madre. « Non può durare per sempre.
Che utile ne possono ricavare? »
« Tu puoi aspettare », feci io. « lo esco e vado a prendere il nonno. »
Mia madre mi afferrò per la manica e cercò di trattenermi.
Era abituata ad averla vinta, a obbligare i propri figli a piegarsi alla sua volontà.
« Te lo proibisco, Rudi! Non puoi batterti contro tutti quanti! »
« S1 », fece mio padre. « Cercano delle scuse per ucciderci!
Non dobbiamo reagire! »
« Hanno tutte le scuse di cui hanno bisogno. »
Mi divincolai da mia madre e corsi giù per le scale.
Mentre mi stavo mettendo il maglione, Anna mi venne dietro di corsa.
La strada era in rovina. Ogni negozio era stato sfasciato.
Per fa maggior parte erano in fiamme. Il signor GoJdbaum, un gioielliere, stava manovrando una manica antincendio sulle ceneri del suo negozio. Tutto quello che possedeva gli era stato rubato.
Quei patrioti tedeschi; quei cittadini sovraeccitati, desiderosi solo di vendicare la morte di Vom Rath, erano comuni truffatori e assassini.
Un camion si avvicinò con grande fracasso. Afferrai Anna e ci nascondemmo in un vicolo.
Era un camion scoperto. Alcuni uomini portavano fotografie di Hitler,
avessi con la svastica. C'erano uomini che marciavano avanti e indietro con cartelli ostili agli ebrei. Il signor Seligman, da cui mia madre soleva comprare tessuti e lenzuola, giaceva bocconi in una pozza di sangue e di vetri infranti.
Il camion si fermò e i teppisti balzarono a terra.
«Guarda chi c'è con loro », dissi ad Anna. «Quel porco di Hans. »
« Porco schifoso. L 'ho sempre odiato. »
«Già, il fratello di Inga. Delle volte mi chiedo cos'è lei. Vorrei averlo da solo per cinque minuti. »
Poi vedemmo la parata. Il nonno, con il capo sanguinante e un occhio chiuso, era obbligato a guidarla, battendo il piccolo tamburo.
Ogni due o tre passi, lui egli altri bottegai venivano picchiati con mazze e catene.
Hans Helms stava parlando con Muller.
Hans era un debole, un pusillanime.
Era stupido e poltrone. Uno come Muller poteva menarlo per il naso.
Sbucai dal vicolo. Dietro la strada il cielo stava diventando arancione per gli incendi. Udivo gemiti di donne.
E ancora rumore di vetri infranti, come se volessero rompere le vetrine di ogni negozio di Berlino posseduto da ebrei.
La marmaglia sembrava si stesse stancando di questo giocò.
La banda di Muller cominciò a sparpagliarsi. Il nonno era ancora in piedi e rifiutava di piangere, di supplicare o di implorare.
Mi diressi fino a lui e gli presi le mani. «Nonno, sono io. Rudi. »
Anna uscì fuori di corsa e lo prese per il braccio.
In coda alla colonna di ebrei, un giovanotto ubriaco stava svuotanndo delle tasche, rubava portafogli, penne, orologi. Muller gli gridò: «Ehi! Il partito dice che non vuole cose del genere. Questa è una dimostrazione patriottica, non una fottuta rapina ».
« Lo credi tu, Muller », disse l'uomo,
« Obbedisci agli ordini », urlò MulIer. Poi mi guardò nella luce incerta e venne verso di me, Ci fu un lampo di riconoscimento, quasi umano, nei suoi occhi, e ora mi chiedo se avesse potuto esserci qualcosa di onesto in quest'uomo, qualcosa che era stato toffocato.
Dopotutto, non era, come alcune delle SS, un malvivente o un vagabondo, un teppista sradicato. Aveva un lavoro,conosceva della gente rispettabile.
Che cosa lo aveva spinto a diventare una bestia? Non sono ancora certo di saperlo; né sono certo che la cosa importi ancora.
Un uomo onesto che diventa un criminale, soprattutto se si dà arie di moralizzatore, forse è più detestabile di uno scassinatore o di un assassino abituale.
Tamar si fa beffe delle mie riflessioni. «Avevano avuto duemila anni di preparazione per fare quello che fecero », dice. «E tutti quanti, o quasi tutti, hanno svolto la loro parte.
Gli uomini che facevano funzionare le camere a gas e i forni andavano in chiesa, amavano i loro figli ed erano gentili con gli animali.»
Muller chiese al nonno se mi conosceva e il nonno rispose che ero suo nipote,
Rudi Weiss.
Per tutta risposta, Muller assestò una sberla a mio nonno e disse:
«Zitto, vecchio giudeo ».
« E' un vecchio », urlai io. « Se vuoi fare a pugni con qualcuno, fallo con me.
Non la marmaglia. Solo tu e io, Muller. »
Cinque o sei di loro fecero cerchio attorno a noi.
Anna abbracciò il nonno. Hans Helms era con loro. Mi vide. Naturalmente, oramai mi aveva riconosciuto. Lo vidi sussurrare all'orecchio di Muller. «Weiss... il parente ebreo di Inga... »
Muller si strofinò il mento, mi guardò furioso attraverso la caligine.
Gli uomini stavano tossendo, piegatiin due.
«D'accordo, Weiss. Battitela. Prendi questo vecchio stronzo con te.
Allontanati dalla strada.»
Suppongo che avrei dovuto essere grato a lui e ad Hans. Ma dentro di me stava nascendo qualcosa. Sapevo che cos'era. Il desiderio della vendetta.
Un giorno o l'altro, volevo godere della semplice gioia di spaccar loro la faccia, di umiliarli, di far loro sapere che non potevano trattarci così.
Aiutammo il nonno ad arrivare a casa sua. Lui e mia nonna abitavano in un appartamento sopra la libreria.
Si fermò una volta e raccolse una prima edizione del dizionario di Johnson, bruciata, e poi una delle prime edizioni del Faust.
Voltò tristemente le pagine carbonizzate.

«Heinrich, Heinrich », diceva la nonna piangendo, « come hanno potuto far questo a un vecchio? »
Si asciugò il sangue dalla fronte, irrigidì la schiena. «lo sopravviverò. » Guardò nuovamente i libri bruciati. «Ma i miei libri... »
«Anna e io faremo pulizia », dissi. Ma capivo che era inutile.
Non avrebbe più venduto un libro o una stampa o una mappa.

dal romanzo Olocausto
di Gerald Green
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