Poesia di Vincenzo Fiaschitello
Tu, mia solitudine
Tu, mia solitudine, sposa dell'urlo
del vento che trafigge ogni angolo
della casa e si perde tra le cime
dei pini del deserto viale,
un poco da me lontano fuggi,
ma inesorabile e silente, notturno
simulacro, torni a cingermi l'anima.
Nel bosco dei sambuchi gli dei
si sono ritirati, l'infinito Spirito di Dio
non fa sentire più il suo salvifico soffio,
la terra e le acque gorgogliano di rifiuti
immondi. Questa volta il mondo cede
e noi siamo ancora infanti per essere
redenti dall'universo immenso.
Nemmeno un po' di tenerezza per la terra
che soffoca e ha acque stagnanti, api
avvelenate, scorie fumanti. Sono parole
slabbrate quelle che pronuncia la gente
che si dichiara amica della natura,
senza però negarle esistenza sofferente
e ogni tortura.
Chissà se da qualche parte vive ancora
un giardino di ciliegi, se ardono ancora
gialle lampade di limoni entro valli profonde,
se chiacchiera ancora l'acqua limpida
di una fonte con un bimbo che là
bagna la sua barchetta di carta.