Disgrazia a chi dal fondo dell’esilio della vita
Sente questi concerti di un mondo che invidia,
Del nettare ideale appena gustato,
Ché la natura ripugna la realtà!
Ella si slancia in sogno nel seno del possibile,
Il reale è stretto, il possibile è immenso,
Con i suoi desideri l’anima vi si costruisce un soggiorno
Dove giunge talora la scienza e l’amore,
L’uomo sempre assetato di tanto in tanto si disseta
E di sogni così belli inebria il suo sogno
Non riconoscendosi più al momento del risveglio.
Infelice! La tua sorte è tale e quale al mio destino.
Ho vuotato come te la coppa avvelenata,
I miei occhi chiusi come i tuoi si sono aperti
Ho cercato invano la voce dell’universo.
La sua causa ho ricercato in tutta la natura
Ho domandato il suo fine a ogni creatura
E il mio sguardo è precipitato in un abisso senza fondo
Dall’atomo al sole ho interrogato tutto
Ho preceduto il tempo ho risalito le età.
Ho perfino attraversato i mari per ascoltare i saggi
Ma il mondo è un libro chiuso per l’orgoglio!
Perfino nel divinare il mondo inanimato
Rifugiandomi con l’animo in seno alla natura
Ho creduto di trovare un senso a questa lingua oscura.
Ho studiato la legge del moto dei cieli
Newton guidò i miei occhi per i brillanti deserti
Meditai sulla cenere degli empirei distrutti :
Roma m’ha visto scendere nelle sue sacre tombe
Scuotendo con mani le più sante i freddi riposi
E sulle mani ho pesato la cenere degli eroi.
Andavo a ricercare tra la loro vana polvere
Questa immortalità che ogni mortale desidera!
Ma come? Sospeso sul letto dei morenti
Il mio sguardo la cercava negli occhi spiranti
Sulle sommità annerite da eterne nuvole
Sulle onde spezzate da eterni uragani
Invocavo sfidavo l’urto degli elementi.
Simile alla Sibilla nelle sue escandescenze
Ho creduto che la natura nei suoi rari spettacoli
Lasciasse cadere per noi qualcuno dei suoi oracoli
Mi piaceva infilarmi in queste scure orridezze
Inutilmente nella sua calma inutilmente nei suoi furori
Inseguendo questo gran segreto senza poterlo sorprendere
Dappertutto ho visto Dio senza mai comprenderlo
Il bene ho visto e il male senza scelta e senza disegno
Cadere come sfuggito a caso dal suo seno;
Nell’universo i miei occhi non hanno visto che un grande può essere
E la mia voce spezzandosi contro questo cielo di bronzo
Non ha avuto l’onore di arrestare il destino.
Ma un giorno che immerso nel mio proprio infortunio
Avevo stancato il cielo con un importuno lamento
Un chiarore disceso dall’alto sul mio seno
Mi spinse a benedire quel che avevo maledetto
E cedendo senza combattere al soffio che m’ispira
Questo inno della ragione fluì dalla mia lira.
Gloria a te nel tempo e nell’eternità
Eterna ragione suprema volontà
Tu di cui l’immensità riconosce la presenza
Tu di cui ogni mattino annuncia l’esistenza
Il tuo soffio creatore s’è abbassato su di me
Quello che non era è apparso davanti a te.
Ho riconosciuto la tua voce prima di conoscermi
Mi sono sollevato fino alle porte dell’essere:
Eccomi! Ma che cosa sono io un atomo pensante
Chi può tra noi due misurare la distanza?
Io che respiro in te la mia rapida esistenza
All’insaputa di me stesso formato a tuo piacere
Che mi dovevi Signore quando non fossi nato?
Niente prima e niente dopo: gloria al fine supremo:
Chi trasse tutto da se deve tutto a se stesso!
Gioisci grande artigiano dell’opera della tua mano:
Io sono per adempiere i tuoi ordini sovrani
Disponi ordina ed io eseguo; nei tempi nello spazio
Indicami la tua gloria e il mio giorno è il mio posto
Il mio essere senza lamentarsi senza interrogarti
Spontaneamente in silenzio corre a schierarsi.
Come questi globi d’oro che nei campi del vuoto
Disegnano con amore la tua ombra che li guida
Annegato nella luce o perduto nella notte
Io andrò come loro dove il tuo dito mi conduce
Sia se scelto da te per schiarire i mondi
Riflettendo su loro il fuoco di cui m’inondi,
Ove mi lascio attorniare da schiavi radiosi
E d’un passo scavalchi tutto l’abisso dei cieli
Sia che stando lontano molto lontano dalla tua vista
Tu non faccia di me creatura sconosciuta
Come un atomo dimenticato ai confini del nulla
O che un grano di polvere portato via dal vento
Entusiasta della mia sorte che è opera tua,
Vada dappertutto, a rendere lo stesso omaggio
E con eguale amore segua la mia legge.
Fino agli estremi del nulla mormorerò:gloria a te!
Né se alto, né se basso semplice figlio della terra
La mia sorte è un problema e la mia fine un mistero
Ché nella via oscura dove il tuo dito lo conduce
Riflette da un lato i bagliori eterni
E dall’altro è immerso nelle ombre mortali.
L’uomo è il punto fatale dove i due infiniti
Per la totale potenza sono stati riuniti.
A tutt’altro grado, meno infelice può essere,
Fossi stato…ma io sono quel che dovevo essere
E adoro senza conoscerla la tua suprema ragione.
Gloria a te che m’hai fatto. Quel che tu fai è bene!
“Frattanto oppresso dal peso della mia catena
Dal nulla alla tomba l’infelicità mi trascina.
Cammino nella notte per un sentiero cattivo
Ignorando da dove vengo, e dove vado
E a stento ricordo la mia trascorsa giovinezza
Come acqua di torrente d’ una sorgente intorpidita.
Gloria a te! Dalla nascita l’infelicità mi ha scelto
Come un balocco vivente, la tua mano m’ha scelto!
Ho mangiato piangendo il pane della miseria
E tu m’hai dissetato con l’acque della tua collera.
Gloria a te! Ho gridato e tu non hai risposto
Ho gettato sulla terra uno sguardo confuso
Ho cercato nel cielo il giorno della tua giustizia
Ed è venuto, Signore, è per il mio supplizio!
Gloria a te! L’innocenza è colpevole ai tuoi occhi.
Un solo essere ora mi resta sotto i cieli
Tu proprio dei nostri giorni avevi mescolato la trama
La sua vita era la mia vita, la sua anima la mia anima
Come un frutto ancora verde staccato dal ramo
Io l’ho visto nel mio seno strappato prima del tempo.