Racconto di Giovanni Comissio
La grandine
Si erano intese le campagne del villaggio suonare mezzogiorno, vicinissime come erano solite quando minacciava il cattivo tempo
e poco dopo schioccarono 1 le prime gocce grossissime sulle foglie, sollevando la polvere del cortile. Le nere nubi si erano fuse con
quelle grigie soprastanti, tramutandosi in un colore verdastro, scuro, quasi giallo, e per un po' di tempo non si intese che sbattere la
pioggia sulla terra, sulle tegole e sulla verzura sovrabbondante, poi un tuono e un fulmine nello stesso istante squarciarono il cielo,
raddoppiando la pioggia per qualche momento, ma allo scoppiare d'un altro fulmine fragoroso, la pioggia cessò di colpo. Vi fu un
attimo di tregua, un attimo caldo, umido, sufficiente per sentire l'odore della terra che si intrideva 3 d'acqua e subito dopo la
grandine biancheggiò saltellante per terra, risuonando come sassi sulle tegole, tambureggiando e forando le foglie, formando strati sull'erba e sul cortile. Tutti gli alberi, le viti, le piante dell'orto, le acacie della strada si tenevano fermi, spauriti, oppressi dalla martellante caduta. I contadini avevano interrotto il mangiare e si erano radunati sotto il portico con le spalle coperte dalle loro
giacche d'inverno, una donna s'era messa a bruciare olivo su un mucchio di brace, il fumo azzurrognolo veniva portato via a strappi, il cielo annerito dava vigore ai lampi, che si 'succedevano continui tra il fuso brontolìo dei tuoni e il trepestìo della grandine dovunque. I contadini guardavano e non fiatavano, gli occhi dilatati, inebetiti, stringendosi le braccia con le mani, guardavano e sembrava non volessero credere. Le viti perdevano le foglie sotto i loro occhi, lo strato bianco U cresceva; passò una decina di minuti e poi la pioggia prese a mischiarsi alla grandine e questa a scemare, ancora qualche chicco rimbalzò fino sotto al portico come una pallottola perduta, e poi non scese che pioggia, fitta, una cascata di pioggia che travolse nel cortile la grandine verso il
displuvìo," che colmò i fossi lungo la strada, che portò via galleggianti foglie, foglie innumerevoli.
-Santa Madonna, - disse il capo di casa - quella che è venuta è bastata per distruggere tutte le nostre speranze.
Si susseguivano i lampi ai tuoni, il cupo giallore del cielo si fece interrotto, il vento turbinò nell'aria fatta gelida, gli alberi si
agitarono come in un estro di liberarsi dalla terra e partire via per il cielo. Rallentò la violenza della pioggia, non venne che a
intermittenza fino a cessare del tutto e non si intese che lo scorrere dell'acqua, il gorgogliare delle grondaie, il gocciolare degli
alberi disfatti. Si dischiuse il cielo tra tuoni lontani, riapparve il sole e dalla parte opposta si dipinse l'arcobaleno sullo sfondo
grigio delle nubi.
Osservando in questa pagina la scena di una violenta grandinata. Lo scrittore la descrive accompagnando lo sconvolgimento degli elementi naturali allo sgomento dei poveri contadini, che osservano impotenti la distruzione dei loro raccolti.
Su tutto si leva, però, a conforto, la luce rasserenante del sole, e l'arcobaleno che si disegna all'orizzonte è il segno della pace fra l'uomo e gli elementi.
La prosa è piana e limpida, ricca di immagini tanto più comprensibili quanto più realistiche ed espresse con parole semplici e chiare.