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Poeti Emergenti
Poesia di Gabriele
Lì...

Il male stà in me, quello estremo fissato dal dolore
antico, continuo dietro la spalla è, senza alternative.
Ti frega, Giampiero? Sì, Signore per via di questa
dannata malattia io devo ancora vivere… la mia vita.
Nel tempo prende e invalida nell'ultimo quarto
di vita che ti fa riflettere, umiliati alla giornata
ci si sente elusi dalla perduta normalità.
Il sensato maledire urla senza premura con scarso
ritegno, al parkinson sanguisuga nel corpo mio
ricordato è nei particolari come il meteo tornado.
Non insisto ooh Dio quando all'arrivo mesto della vita
la realtà nel lago del triste tormento raccoglie il frutto
della sua esistenza dalle lacrime d'ognun che deve
andare via.
Per contratto divino devo morire e soffrire allo
stesso tempo, di più, è veramente ignobile forse,
sono un trattato di patologia medica da studiare
con l'aiuto di qualche cura palliativa che, guarda
il caso, non arriva mai.
Dio, a chi dobbiamo ringraziare per poter morire,
all'infinito vivere il dolore sfianca, e io confuso
visionario, sono un tizzone drogato dallo stalevo
… Lì
ingerito mi gela il sangue sulla carne tiepida dai
raggi del sole caldi ricamati dalle velate tendine.
l'anima mia perde tutto del suo affetto interiore
umano declina il suo impegno dalla cronica
mostruosa malattia sempre più spregevole, sul
fievole corpo che lentamente muore.

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