"Il promontorio di Howth"
(da La Musa di Blanchot - Edizioni Divinafollia)
non sai mai se è la libellula con la doppia allegoria delle ali
trasparenti, la metafora nascosta di ogni altra metafora: oppure
la mantide a due teste, nient'altro e niente di più del raddoppiare,
dissolvere, smentire, la menzogna dello smisurato doppio senso:
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non sai mai se raccoglie rododentri nei promontori di Howth
o racconta l'amicizia dei gerani nelle certezze dei giardini:
la lacerante dismisura dei contrari si fa largo nella doppiezza
di dicembre che non inizia stasera nei bordelli di Ferrara,
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dietro le Volte, o in Via Tasso a Salerno vecchia: vado in crisi,
ancora, ora: il pensiero si fa parola e la parola nomina l'idea
che le stelle si sciolgono ma il firmamento rimane come un male:
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non sai mai se è l'eclissi che si eclissa nella sua stessa eclissi, o il ragno
che nasconde i figli, che ama "amicizia" e ha per amico "amore":
se è l'attore di vaudeville: se è cominciamento, presenza o sparizione: