Dalle radici verso il cielo
di Piero Tucceri
Sono nato in un paese di montagna. Per questo, quando posso, mosso da un ancestrale richiamo, torno su quei monti. Allora torno sui miei monti. Allora torno sui monti che mi hanno visto crescere e dei quali mi incantano le possenti rocce che si slanciano verso il cielo, quasi a voler sondare la profondità dell’universo e le cui forme sollecitano la mia fantasia fino a prospettarmi gli scenari più suggestivi. Così scopro anfratti che potrebbero ospitare intere colonie di animali, ma che sono tristemente vuoti a causa del disordinato incedere della modernità. Sono sicuro che chiunque resterebbe sbalordito di fronte a queste meraviglie della natura.
Da ragazzo mi recavo spesso in quei luoghi. Lo facevo obbedendo a un misterioso e profondo richiamo, oltre che per cogliere il timo e altre erbe che poi ammiravo estasiato. Avendo fra le mani i semi di piante ed erbe, scorgevo in essi il vigore delle piantine che avrebbero generato. Mi incuriosiva in particolare la mole di informazioni custodite dentro quei piccoli involucri. Tutto mi appariva incredibile. Avevo in mano qualcosa di piccolo e apparentemente inerte che attendeva però un “grande” futuro. In quei semi sentivo che c’era tutto: il passato, il presente e il futuro di quelle meraviglie della natura. Per me si trattava di un gioco fantastico: era un gioco che stimolava la mia fantasia, la mia capacità di sognare e di vedere il domani, partendo da un apparentemente insignificante seme. Vedevo così quei piccoli contenitori schiudersi per lasciare il posto a tante piantine. Tante piantine che si sarebbero nutrite e presentate nel rispetto delle forme delle piante originarie. Quelle piantine avrebbero poi avuto bisogno di essere aiutate a crescere e sarebbero state soggette a spezzarsi o a perdere qualche rametto. Alla fine, però, esse sarebbero esplose in tutta la loro magnificenza.
Altre volte mi capitava di inciampare in qualche radice affiorante sul terreno. Anche allora mi fermavo a riflettere. La circostanza mi suggeriva che esse, le radici, consentano alle piante di non essere sradicate dal vento. Questa importante componente della pianta, non si vede. Essa è nascosta sotto la terra. Mentre essa affonda sempre più profondamente nel terreno, la pianta si erge sempre più verso il cielo. Proprio come fanno le nostre esistenze. Le nostre radici sono il nostro passato: sono la nostra memoria personale, familiare e sociale. Anche noi, come le piante, ci orientiamo verso l’alto: verso uno sconosciuto e anelato futuro. Questo non ci rende la vita più facile, così come non ci fa diventare ricchi e famosi. Serve soltanto a ricordarci le nostre origini. La nostra vera natura. Quella più profonda. La quale sa concederci la necessaria consapevolezza per farci toccare il cielo dell’esperienza soggettiva, restando sempre con i piedi ben fermi per terra. Non a caso, oggi siamo quel che in precedenza abbiamo cominciato a essere. Noi siamo le persone che ci hanno amato, le esperienze che abbiamo vissuto, e tanto altro ancora. Tutto questo appartiene alle nostre “radici” e serve ad alimentare il nostro slancio verso quel cielo nel quale si specchierà il nostro futuro.