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 La favola dell'omino che divora le vocali
C'era una volta
un omino affamato.
«Apostrofo» era chiamato.
Correva come il vento,
anzi volava
e ogni cosa divorava
in un momento:
briciole, fuscelli,
biscotti, nocciole.
Entrava furtivo
perfino nelle scuole
e rubava le merendine
lasciando a bocca asciutta
i bambini e le bambine.
Ma fu sorpreso una sera
da Fata Grammatica
che gli gridò severa:
  Brigante, che fai?
Non si ruba, non lo sai?
Adesso t'arrangio io:
tu servi al caso mio.
Ho un problema di suoni molesti
che risolvere potresti,
un litigio fra vocali
dispettose senza eguali
che sul più bello,
incontrandosi in parole
come la erba, per esempio,
o lo ombrello,
la altalena
o lo orsacchiotto,
si mollano un cazzotto
e per le povere orecchie
è un vero scempio.
Allora tu, con la tua fame ria,
ti mangi una vocale e cosi sia.
Da quel giorno l'affamato omino,
l'apostrofo piccolino,
ha il pasto assicurato
e perciò si ritiene fortunato.
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