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Sergio Corazzini scrive una lettera a Palazzeschi

All'inizio del 1905 il poeta scrive ad Aldo Palazzeschi una lettera ben rappresentativa dello stato d'animo di estenuata sospensione, e al tempo stesso di «lieve effervescenza letteraria» (per dirla col Moretti) , i cui esiti riconosciamo in molte liriche. Interessante notare in questa ma in generale in tutte le lettere di Corazzini la straordinaria coincidenza delle scelte lessicali, oltre che tematiche, con quelle dei componimenti poetici.«Mio carissimo Palazzeschi,

alle vostre parole fervide di gioia e di voti augurali, rispondo oggi, riavutomi appena da una grave insidia alla mia salute, e voglio, prima di ogni altra cosa, dirvi di me. Ecco, mio dolce fratello, la lotta cogli uomini non è per colui che sappia ogni felicità nel dolore. lo so provar ribrezzo, ma non ingiuriare.
Gli amici pensano della mia vita niente altro che un povero piccolo sogno.
Ecco. E i libri di poesie da me pubblicati sono lo specchio umile della mia semplice anima. Ricordatevi di Jammes:

Penser cela, est-ce etre poète?
le ne sais pas. Qu'est-ce que je sais?
Est-ce que je vis? Est-ce que je reve?

E che dolce sorpresa trovarmi con San Francesco, leggendovi!Attendo la vostra opera, me ne scrivete con semplice profonda gioia, io vi auguro la più bella stella.Verrete, un giorno a vedermi? E le tristi ville romane sapranno, un giorno, il canto delle nostre due anime?Conoscete Corrado Govoni? È un mio grande fratello.Egli verrà presto, verrà dalla sua tetra Ferrara, in Quaresima. Vi trovaste!Arrivederci, amico lontano lontano, arrivederci e vogliate ricordarmi al Moretti.Noi ci uniremo e ci ameremo.»
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