Poeti Emergenti
Poesia di Gabriele
Il mastro pifferaio
A un passo dal cielo per essere io un signore
confuso attendo bistrattato nell'anima stò
tra un Dio che mi richiede lassù
e, in terra la vita con la voglia
della mia forza di volontà.
Devo terminare in terra i miei impegni.
Per tornare a vivere, uomo con le mani
confuse di morte che, tremano handy-scappate.
Gridano callose a squarciagola all'aria aperta
con la schiena fradicia al sole di sudore
masticando vendetta la rabbia sui nemici esplode!!
Per ritornare a essere posatore di betonella
invio un sorriso di solidarietà alla mia
dignità fallita d'amore per il mio lavoro
artigiano mai dimenticato.
La mattina al freddo, ogni alba era buona
per lavorare alla luce del sole al caldo della
primavera le gocce di sudore come rugiada
era sul corpo d'un sudario estivo usurato
nel cigolar le carriole di resino pesante
che al dì, scardina la vita di chi lavora duro
per un tozzo di pane a casa da riportare.
Sul sottofondo d'un cortile iniziava l' assedio
per lavorare con l'impegno coinvolgente
di chi mette le ali alla mente per là volare
di fantasia, drogato dal dolore per lavorare.
Con il pensiero sconnesso per staggiare
a pendenza tirando un piano di lavoro mirato
con l'occhio steso lungo a legar lo spago tirato.
Lì, iniziava a cantar l'ugola, dallo squadro
con la ciurma dei manovali viandanti che in un
lampo nomadi portavano le betonelle colorate,
al suono del mastro pifferaio Giampiero che
dal niente per terra componeva con l'anima
il pavimento di betonella che esternava in
tutta la sua bellezza dopo la vibrazione
d'emozioni… sballava il corpo con il cuore in gola
si realizzava lì per terra l'idea
era la sua arte vera
che a tutti insegnava il mestiere per lavorare.