Se un mattino d’aprile già la glicine
per i quartieri che furono agiati
chiama la pioggia,
anche per noi intimo si fa il giorno,
il passero alla siepe fa ritorno.
Così da uno all’altro camminando
facilmente all’ingiù, quasi un saluto,
camminando all’insù
con lento sforzo, ci si manda, ansiosi
che si sciolgano i cieli nuvolosi.
Ma s’arriccia sul muro il calendario
al tepore del sole, torna fuori
ogni uomo e animale:
chi spera più la pioggia, chi ricorda
il mattino nel mezzogiorno che assorda?
da In un tempo incerto, Garzanti,1955