Racconto di Gianni Rodari
La macchina ammazzaerrori
Una volta il professor Grammaticus inventò la macchina ammazzaerrori.
Girerò l'Italia, egli annunciò alla sua fida domestica, e farò piazza pulita di tutti gli errori di pronuncia, di ortografia e simili.
Con quella roba lì? Non è una roba, è una macchina. Funziona come un aspirapolvere, aspira tutti gli errori
che circolano nell'aria. Batterò regione per regione, provincia per provincia. Ne parleranno i giornali, vedrai. Oh, basta là, commentò la domestica.
E per prudenza non aggiunse altro.
Comincerò da Milano.
A Milano il professore andò a sedersi a un tavolino di caffè, in Galleria, mise in funzione la macchina e attese. Non ebbe molto da attendere. Ordinò un tè al cameriere, e il cameriere, milanese puro sangue, gli domandò con un inchino: Ci vuole il limone o una sprussatina di latte?
Le due esse erano appena uscite al posto delle due zeta dalla sua bocca lombarda, poco amica dell'ultima consonante dell'alfabeto, che la macchina ammazzaerrori indirizzò energicamente il suo tubo aspirante in faccia al cameriere.
Ma cosa fa? A momenti mi portava via il naso con quella roba lì.
Non è una roba, precisò il professor Grammaticus, è una macchina. Sono ancora poco pratico nell'usarla.
E allora, perché la fa funsionare?
Splaff! Il tubo aspirante guizzò in direzione della nuova esse e colpì il cameriere all'orecchio destro.
Ohei! Ma lei mi vuole proprio ammassare!
Sploff! Nuova sberla volante, questa volta all'orecchio sinistro.
Il cameriere cominciò a gridare: Aiuto, aiuto! C'è un passo!
Voleva dire pazzo, naturalmente, ma la macchina non gli perdonò.
Spliff!!! Intanto una folla di curiosi, in parte milanesi e in parte no, si era radunata per assistere al bizzarro duello tra un cameriere e un aspirapolvere.
Il professor Grammaticus, dopo infiniti sforzi e sospiri, riuscì a schiacciare il tasto giusto e a far star cheta la sua macchina.
Ce l'ha la licensa?
Cielo, un vigile urbano.
Licenza! Licenza, con la zeta, gridò Grammaticus.
Con la seta o senso, ce l'ha la licensa?
Si può mica andare in giro a vendere elettrodomestici senza autorissasione.
Quella nuova pioggia di «esse» tolse addirittura il fiato al professore. Di azlonare la macchina, però, non se la sentiva. Gli convenne sguire il vigile al comando, pagare una multa, pagare la tassa per la licenza e ascoltare un discorsetto sull'onestà in commercio. Finalmente poté correre alla stazione dove prese un direttissimo. La sera sbarcò a Bologna, deciso a fare un'altra prova.
Si cercò un albergo, si fece assegnare una stanza e stava già per andare a dormire, quando il portiere dell'albergo lo richiamò:
Mi scusi bene, sa, mi deve lassiare un documento.
Squash! La macchina ammazzaerrori scattò.
Ben, ma cosa le salta in mente?
Abbia pazienza, non l'ho fatto apposta.
Lei però è proprio un bolognese...
E che vuoi trovare a Bologna, i caracalpacchi?
Voglio dire: perché non pronuncia «lasciare» come va pronunciato?
Senta, signore, non stiamo a far ssene...
Skroonk! Il tubo aspiratore era balzato attraverso l'atrio e aveva colpito alla spalla il portiere petroniano.
Il professor Grammaticus corse a barricarsi in camera, ma il portiere lo seguì, cominciò a tempestare di pugni la porta chiusa a chiave e gridava: .
Apra quell'ussio, apra quell'ussio!
Sprook! Spreeek! Artche il, tubo aspiraerrori, dal di dentro, batteva contro la porta, nel vano tentativo di raggiungere l'errore di pronuncia tipico dei vecchi bolognesi.
Apra quell'ussio, o chiamo le guardie.
Squak! Squok! Squeeeek!
Batti di fuori, batti di dentro, la porta andò in mille pezzi.
Il professor Grammaticus pagò la porta, tacitò il portiere con una ricca mancia, chiamò un taxi
e si fece riportare alla stazione.
Dormì qualche ora sul treno per Roma, dove giunse all'alba.
Mi sa indicare dove posso prendere il filobus numero 75?
Proprio davanti alla stazzione, rispose il facchino interpellato.
(Dovete sapere che, se i milanesi dànno scarsa importanza alla zeta, i romani gliene dànno troppa.
Tutte le zeta ripudiate a Milano si radunano a Roma, e fanno gazzarra).
Il professore schiacciò il tasto con il mignolo, sperando finalmente di ottenere un buon risultato.
Le altre volte lo aveva schiacciato con il pollice. Ma la macchina, si vede, non faceva differenza tra le dita. Un colpo bene (o male) assestato fece volar via il berretto del facchino.
Aho! E ched'è un attentato?
Ora le spiego...
No, no, te la spiego io la situazzione, fece il facchino, minaccioso.
Questa volta il tubo colpì la vetrina del giornalaio, perché il facchino aveva abbassato prontamente la testa.
Si udì una grandinata di vetri rotti. Uscì il giornalaio gridando: Chi è che fa 'sta rivoluzzione?
La macchina lo mise K.O. con un uppercut al mento.
Accorsero gli agenti. Il resto si può leggere nel verbale della Pubblica Sicurezza.
Alle tredici e quaranta il professor Grammaticus riprendeva tristemente il treno per il Nord.
La macchina? Eh, la macchina aveva tentato di mettere zizzania anche tra le forze dell'ordine: c'erano in questura, tra gli agenti, torinesi, siciliani, napoletani, genovesi, veneti, toscani. Ogni regione d'Italia era rappresentata. Rappresentata anche, s'intende, da tutti i difetti di pronuncia possibili e immaginabili.
La macchina era scatenhta, impazzita. Fu ridotta al silenzio a martellate, non ne rimase un pezzetto
sano. Il professore, del resto, aveva capito che la macchina esagerava: invece di ammazzare gli errori rischiava di ammazzare le persone. Eh. se si dovesse tagliar la testa a tutti quelli che sbagliano, si vedrebbero in giro soltanto colli!
da: Il libro degli errori
Gianni Rodari tra i migliori scrittori per ragazzi del nostro secolo, nasce il 23 ottobre 1920 a Omegna sul Lago d'Orta, i genitori si trasferirono per lavoro ma erano originari della Val Cuvia nel Varesotto