Poesia di Vincenzo Fiaschitello
Attendo il gallo che canti
Non so bene se stringere
dolore e pena o gioia e sorriso,
evanescenti soffi che sbucano
dalla fitta coltre dell'azzurro
che mai pupilla si stancò
di specchiare. La morte dei morti
si riorganizza nella memoria,
pesa come un sasso che pur privo
di radici non si fa estirpare,
poi fluisce come l'acqua di un ruscello,
visita il Tempo e sempre torna.
Quale tributo chiede ai vivi
il tarlo che rode il corpo?
Attendo il gallo che canti il risveglio
del mattino, ma nulla accade
in questo silenzio che è già dominio
d'altra sfera, si fa visione breve,
e perciò, umana e per sempre.