Poesia di Vincenzo Fiaschitello
A mio padre
Tornavi esausto dal tuo lavoro,
custode di ladri e di assassini
nel carcere monastero, dove
vigilando era doveroso e umano
redimere gente che in momenti
di follia aveva tradito il loro
libero arbitrio.
Tornavi con una chiusa angoscia
che leggevamo nei tuoi occhi
e nelle strette parole che talora
sfuggivano dalla tua bocca
per narrarci di pene, di cancelli
aperti e chiusi da enormi chiavi
consumate da nodose mani.
Tornavi dopo notti insonni
a custodire col moschetto in spalla
le mura di cinta da dove a sera
un tempo s'alzavano verso il cielo
le preghiere dei Vespri e di Compieta.
Tornavi come un uccello dalle piume
logorate dopo un lungo viaggio
migrante segnato di paura e di venti
ostili d'incibile solitudine.
Tornavi dall'Ade per dare un pane
alle nostre bocche.