Poesia di Thomas Stearns Eliot
Nel ristorante
Il cameriere malconcio che non ha niente da fare.
che grattarsi le dita e piegarsi sulle mie spalle:
«Al mio paese sarà tempo piovoso,
vento, gran sole, pioggia; quello che chiamano
il giorno di bucato dei barboni».
(Chiacchierone, bavoso, groppa tonda,
ti prego, almeno non sbavarmi la zuppa.)
«I salici bagnati, i germogli sui rovi...
lì ci si ripara se piove a dirotto.
lo avevo sette anni, lei era più piccola.
Era tutta bagnata, le ho dato delle primule.»
Sul suo gilet le macchie sono almeno trentotto.
«La solleticavo, per farla ridere.
Conobbi un istante di potenza e delirio.»
Ma allora, vecchio lubrico, a quest'età...
«Signore, la sorte è dura.
Venne un grosso cane a saltarci addosso;
Io ebbi paura, la piantai n a metà.
E' un peccato.»
Ma allora tu hai il tuo avvoltoio!
Vattene a grattare il fango dalle rughe della faccia;
prendi la mia forchetta, spidocchiati il cranio.
Con che diritto paghi delle esperienze come me?
Tieni questi dieci soldi, per il bagno.
Flebas il fenicio, annegato da quindici giorni,
dimenticò il grido dei gabbiani, il mare gonfio di Cornovaglia,
i profitti e le perdite e il carico di stagno:
una corrente sottomarina se lo portò molto lontano,
facendogli ripassare le tappe della sua vita anteriore.
Pensateci, fu una sorte ben misera;
eppure era un bell'uomo, e di alta statura.