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Cento Sonetti d'Amore di Pablo Neruda

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXI

Ormai sei mia. Riposa coi tuo sonno nel mio sonno.
Amore, dolore, affanni, ora devono dormire.
Gira la notte sulle sue ruote invisibili
e presso me sei pura come l'ambra addormentata.

Nessuna più, amore, dormirà con i miei sogni.
Andrai, andremo insieme per le acque del tempo.
Nessuna viaggerà per l'ombra con me,
solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.

Già le tue mani aprirono i pugni delicati
e lasciarono cadere dolci segni senza rotta,
i tuoi occhi si chiusero come due ali grige,

mentr'io seguo l'acqua che porti e che mi porta:
la notte, il mondo, il vento dipanano il loro destino,
e senza te ormai non sono che il tuo sogno solo.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXII
Amor mio, nel chiudere questa porta notturna
ti chiedo, amore, un viaggio per oscuro recinto:
chiudi i tuoi sogni, entra col tuo cielo nei miei occhi,
estenditi nel mio sangue come un ampio fiume.

Addio, addio, crudele chiarità che andò cadendo
nel sacco d’ogni giorno del passato,
addio a ogni raggio d’orologio o d’arancia,
salute oh ombra, intermittente compagna!

In questa nave o acqua o morte o nuova vita,
una volta di più uniti, addormentati, risorti,
siamo l’unione della notte nel sangue.

Non so chi vive o muore, chi riposa o si sveglia,
ma è il tuo cuore che distribuisce
nel mio petto i doni dell’aurora.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXIII
È bello, amore, sentirti vicino a me nella notte,
invisibile nel tuo sonno, seriamente notturna,
mentr’io districo le mie preoccupazioni
come fossero reti confuse.

Assente, il tuo cuore naviga pei sogni,
ma il tuo corpo così abbandonato respira
cercandomi senza vedermi, completando il mio sonno
come una pianta che si duplica nell’ombra.

Eretta, sarai un’altra che vivrà domani,
ma delle frontiere perdute nella notte,
di quest’essere e non essere in cui ci troviamo

qualcosa resta che ci avvicina nella luce della vita
come se il sigillo dell’ombra indicasse
col fuoco le sue segrete creature.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXIV

Una volta ancora, amore, la rete del giorno estingue
lavori, ruote, fuochi, rantoli, addii,
e alla notte affidiamo il frumento vacillante
che il mezzogiorno ottenne dalla luce e dalla terra.

Solo la luna in mezzo alla sua pagina pura
sostiene le colonne dell’estuario del cielo.
la stanza adotta la lentezza dell’oro
e vanno e vanno le tue mani preparando la notte.

Oh amore, oh notte, oh cupola chiusa da un fiume
d’impenetrabili acque nell’ombra del cielo
che risalta e sommerge le sue uve tempestose

finché siamo solo uno spazio oscuro.
una coppa in cui cade la cenere celeste.
una goccia nel battito d’un lento e lungo fiume.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXV

Dal mare verso le strade corre la vaga nebbia
come il vapore d'un bue sotterrato nel freddo
e lunghe lingue d'acqua s'accumulano coprendo
il mese che alle nostre vite promise esser celeste.

Avanzato autunno, favo sibilante di foglie,
quando sui villaggi palpita il tuo stendardo
cantano donne pazze accomiatando i fiumi,
nitriscono i cavalli verso la Patagonia.

C'è un rampicante vespertino sul tuo volto
che cresce silenzioso portato dall'amore
fino alle ferrature crepitanti del cielo.

Mi chino sul fuoco del tuo corpo notturno
e non solo i tuoi seni amo, ma l'autunno
che sparge per la nebbia il suo sangue ultramarino.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXVI

Oh Croce del Sud, oh trifoglio di fosforo fragrante, 
oggi con quattro baci penetrò la tua bellezza, 
trapassò l'ombra e il mio cappello : 
la luna andava tonda per il freddo.

Allora col mio amore, mia amata, oh diamanti 
di brina azzurra, serenità del cielo, 
specchio, apparisti e si empì la notte 
con le tue quattro cantine tremolanti di vino.

Oh palpitante argento di pesce liscio e puro, 
croce verde, prezzemolo dell'ombra radiante, 
lucciola all'unità del cielo condannata,

riposa in me, chiudiamo i nostri occhi. 
Per un minuto dormi con la notte dell'uomo. 
Accendi in me i tuoi quattro numeri costellati.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXVII

I tre uccelli del mare, tre fulmini, tre forbici,
passarono pel cielo freddo verso Antofagasta,
per questo restò tremante l'aria,
tutto tremò come bandiera ferita.

Solitudine, dammi il segno della tua origine incessante,
l'appena strada degli uccelli crudeli,
e il palpito che senza dubbio precede
il miele, la musica, il mare, la nascita.

(Solitudine sostenuta da un volto costante
come un grave fiore disteso senza sosta
fino a comprendere la pura moltitudine del cielo).

Volavano ali fredde del mare, dell'Arcipelago,
verso l'arena del Nordovest del Cile.
E la notte chiuse il suo celeste chiavistello.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXVIII

Il mese di Marzo torna con la sua luce nascosta
e scivolano pesci immensi nel cielo,
vago vapore terrestre progredisce cauto,
a una a una cadono nel silenzio le cose.

Per fortuna in questa crisi d'atmosfera errabonda
riunisti le vite del mare con quelle del fuoco,
il movimento grigio della nave d'inverno,
la forma che l'amore impresse alla chitarra.

Oh amore, rosa bagnata da sirene e spume,
fuoco che danza e sale l'invisibile scala
e sveglia nella galleria dell'insonnia il sangue

perché si consumino l'onde nel cielo,
dimentichi il mare i suoi beni e i leoni
e cada il mondo entro le reti oscure.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO LXXXVIX

Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi:
voglio che la luce e il frumento delle tue mani amate
passino una volta ancora su di me la loro freschezza:
sentire la soavità che cambiò il mio destino.

Voglio che tu viva mentr' io, addormentato, t'attendo,
voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento,
che fiuti l'aroma del mare che amammo uniti
e che continui a calpestare l'arena che calpestammo.

Voglio che ciò che amo continui a esser vivo
e te amai e cantai sopra tutte le cose,
per questo continua a fiorire, fiorita,

perchè raggiunga tutto ciò che il mio amore ti ordina,
perchè la mia ombra passeggi per la tua chioma,
perchè così conoscano la ragione del mio canto.

Cento sonetti d'amore 
di Pablo Neruda
SONETTO XC

Pensai di morire, sentii dappresso il freddo,
e di quanto io vissi solo te lasciavo:
la tua bocca era il mio giorno e la mia notte terrestri
e la tua pelle repubblica fondata dai miei baci. 

In quell’istante finirono i libri,
l’amicizia, i tesori accumulati senza tregua,
la casa trasparente che tu e io costruimmo:
tutto cessò d’esistere meno i tuoi occhi.

Perché l’amore, mentre la vita c’incalza,
è semplicemente un’onda alta sulle onde,
ma ahi quando la morte viene a bussare alla porta

solo c’è il tuo sguardo per tanto vuoto,
solo la tua carità per non continuare ad esistere,
solo il tuo amore per chiudere l’ombra.

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