Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXI
Di pena in pena attraversa le sue isole l'amore
e stabilisce radici che poi irriga il pianto,
e nessuno può, nessuno può evadere i passi
del cuore che corre silenzioso e carnivoro.
Così tu e io cerchiamo un buco, altro pianeta
dove il sale non toccherà la tua chioma,
dove non cresceran dolori per mia colpa,
dove vivrà senza agonia il pane.
Un pianeta intricato per distanza e fogliame,
un ermo, una pietra crudele e disabitata,
fare con le nostre mani un nido duro
volevamo, senza danno, ferita né parola,
non fu così l'amore ma una città pazza
dove la gente impallidisce ai balconi.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXII
Amor mio, l'inverno torna alle sue caserme,
la terra stabilisce i suoi doni gialli
e passiamo la mano su un paese remoto,
sulla chioma della geografia.
Andarcene! Oggi! Avanti, ruote, navi, campane,
aerei induriti dal diurno infinito
verso l'odore nuziale dell'arcipelago,
per longitudinali farine d'usufrutto!
Andiamo, alzati, e indiademati e sali
e scendi e corri e gorgheggia con l'aria e con me
andiamo ai treni d'Arabia e Tocopilla,
senz'altro che emigrare verso il polline lontano,
in villaggi lancinanti di stracci e di gardenie
governati da poveri monarchi senza scarpe.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXIII
Forse ricorderai quell’uomo magro
che uscì dall’oscurità come un coltello
e prima che sapessimo, sapeva:
vide il fumo e decise che veniva dal fuoco.
La pallida donna della chioma nera
sorse come un pesce dall’abisso
e tra i due levarono contro l’amore
una macchina armata di denti numerosi.
Uomo e donna divelsero monti e giardini,
scesero ai fiumi, s’arrampicarono per muri,
spinsero sui monti la loro atroce artiglieria.
L’amore seppe allora di chiamarsi amore.
E quando sollevai i miei occhi al tuo nome
il tuo cuore d’improvviso dispose la mia strada.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXIV
La strada bagnata dall'acqua d'Agosto
brilla come tagliata in piena luna,
in ?iena chiarità della mela,
a metà della frutta dell'autunno.
Nebbia, spazio o cielo, la vaga rete del giorno
cresce con freddi sogni, suoni e pesci,
il vapore dell'isole combatte la regione,
palpita il mare sulla luce del Cile.
Tutto si concentra come il metallo, si occultano
le foglie, l'inverno maschera la sua stirpe
e solo ciechi siamo, senza fine, solamente.
Solamente soggetti all'alveo cauto
del movimento, addio, del viaggio, della strada:
addio, cadono le lacrime della natura.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXV
Questa è la casa, il mare e la bandiera.
Erravamo per altri lunghi muri.
Non trovavamo porta né suono
dall'assenza, come dopo morti.
E alfin la casa apre il suo silenzio,
entriamo a calpestare l'abbandono,
i topi morti e l'addio vuoto,
l'acqua che pianse nelle tubature.
Pianse, pianse la casa notte e giorno,
gemette con i ragni, socchiusa,
si sgranò dai suoi occhi neri,
e ora d'improvviso la ritorniam viva,
la popoliamo e non ci riconosce:
deve fiorire, e non si ricorda.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXVI
Diego Rivera con la pazienza dell'orso
cercava lo smeraldo del bosco nella pittura
o il vermiglione, il fiore improvviso del sangue,
raccoglieva la luce del mondo nel tuo ritratto.
Dipingeva l'imperiosa forma del tuo naso,
la scintilla delle tue pupille indomite,
le unghie che alimentano l'invidia della luna,
e nella pelle estiva, la tua bocca d'anguria.
Ti mise due teste di vulcano accese
per fuoco, amore, stirpe araucana,
e sui due volti dorati dalla creta
ti copri col casco d'un incendio indomito
e Il segretamente rimasero impigliati
i miei occhi nella torre totale: la tua chioma.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXVII
Oggi è oggi col peso di tutto il tempo andato
Oggi è oggi col peso di tutto il tempo andato,
con le ali di tutto ciò che sarà domani,
oggi è il Sud del mare, la vecchia età dell’acqua
e la composizione di un nuovo giorno.
Alla tua bocca innalzata alla luce o alla luna
si aggiunsero i petali di un giorno consunto,
e ieri vien trottando per la sua strada cupa
perché ricordiamo il suo volto ch’è morto.
Oggi, ieri e domani si mangian camminando,
consumiamo un giorno come una vacca ardente,
il nostro bestiame attende coi suoi giorni contati,
ma nel tuo cuore il tempo gettò la sua farina,
il mio amore costruì un forno col fango di Temuco:
tu sei il pane di ogni giorno per la mia anima.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXVIII
Non ho mai più, non ho sempre. Sulla sabbia
la vittoria lasciò i suoi piedi persi,
Sono un pover'uomo disposto ad amare i suoi simili.
Non so chi sei. Ti amo. Non do, non vendo spine.
Qualcuno forse saprà che non intrecciai corone
insanguinate che combattei la burla,
e che di verità empii la marea della mia anima.
Ricompensai la viltà con colombe.
Io non ho mai perché diverso
fui, sono, sarò. E in nome
del mio cangiante amore proclamo la purezza.
La morte è solo pietra dell'oblio.
Ti amo, bacio sulla tua bocca la gioia.
Portiamo legna. Faremo fuoco sulla montagna.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
Notte
SONETTO LXXIX
Di notte, amata, lega il suo cuore al mio
e ch'essi nel sonno sconfiggano le tenebre
come un doppio tamburo che combatte nel bosco
contro il muro spesso delle foglie bagnate.
Traversata notturna, bragia nera del sogno
che intercetta il filo delle uve terrestri
con la puntualità di un treno scapigliato
che senza fine trascini ombre e pietre.
Per questo, amore, legamial movimento puro,
alla tenacia che nel tuo petto batte
con le ali di un cigno sommerso,
perché alle domande stellate del cielo
risponda il nostro sogno con una sola chiave,
con una sola porta chiusa dall'ombra.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXXX
Da viaggi e da dolori ritornai, amor mio,
alla tua voce, alla tua mano che vola nella chitarra,
al fuoco che interrompe con baci l’autunno,
alla circolazione della notte nel cielo.
Per tutti gli uomini chiedo pane e regno,
chiedo terra per il contadino senza fortuna,
che nessuno speri tregua dal mio sangue o dal mio canto.
Ma al tuo amore non posso rinunciare senza morire.
Per questo suona il valzer della serena luna,
la barcarola nell’acqua della chitarra
finché si pieghi la mia testa sognando:
tutte le insonnie della mia vita intrecciarono
questa pergola dove la tua mano vive e vola
custodendo la notte del viandante addormentato.
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