Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXI
L'amore recò la sua coda di dolori,
il suo lungo raggio statico di spine
e chiudiamo gli occhi perché nulla,
perché nessuna ferita ci separi.
Non è colpa dei tuoi occhi questo pianto:
le tue mani non affondaron questa spada:
i tuoi piedi non cercaron questa spada:
giunse al tuo cuore il miele cupo.
Quando l'amore come un'onda immensa
ci sfracellò contro la pietra dura,
c'impastò in un'unica farina,
cadde il dolore su altro dolce volto,
e nella luce della stagione aperta
si consacrò la primavera ferita.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXII
Ahimé, ahinoi, beneamata,
solo volemmo, amore, amarci,
e tra tanti dolori fu disposto
che noi due soli fossimo feriti.
Volemmo il tu e l'io per noialtri,
il tu del bacio, l'io del pan segreto,
così era tutto, eternamente semplice,
fino a che l'odio entrò dalla finestra.
Odia chi non amò il nostro amore,
né altro amore; sventurati
come le sedie d'una sala sperduta,
fino a che s'impigliaron nella cenere
e il volto minaccioso ch'essi avevano
si spense nel crepuscolo spento
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXIII
Non solo per le terre deserte dove la pietra salina
è come l'unica rosa, il fiore del mare sotterrato,
andai, ma per la riva di fiumi che tagliano la neve.
Le amare altezze delle cordigliere conoscono i miei passi.
Intricata, sibilante regione della mia patria selvaggia,
liane il cui bacio mortale s'incatena nella selva,
lamento bagnato dell'uccello che s'alza lanciando i suoi brividi,
oh regione di perduti dolori e di pianto inclemente!
Non solo son miei la pelle velenosa del rame
o il salnitro disteso come statua giacente e di neve;
ma la vigna, il ciliegio premiato dalla primavera,
son miei, e io appartengo come atomo nero
alle aride terre e alla luce dell'autunno nell'uva,
a questa patria metallica elevata da torri di neve..
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXIV
Per tanto amore la mia vita si tinse di viola
e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
tu sentisti un rumore di cuore infranto
e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
senz'essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
sorsi per vivere tra le tue mani,
mi sollevai dal mare alla tua gioia.
Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
nativa d'Aurcania, ciò che ti devo, amata.
E' senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
ciò che ti devo è come il pozzo di una zona silvestre
dove il tempo conservò lampi erranti.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXV
Matilde, dove sei? Notai, verso il basso,
tra cravatta e cuore, in alto,
certa malinconia intercostale:
era che d'improvviso eri assente.
M'abbisognò la luce della tua energia
e guarda divorando la speranza,
guardai com'è vuota senza te una casa,
non restano che tragiche finestre.
Tanto è taciturno il tetto ascolta
cadere antiche piogge sfogliate,
penne, ciò che la notte imprigionò:
così ti attendo come casa sola,
tornerai a vedermi e ad abitarmi.
Altrimenti mi dolgon le finestre.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXVI
Non t'amo se non perché t'amo
e dall'amarti a non amarti giungo
e dall'attenderti quando non t'attendo
passa dal freddo al fuoco il mio cuore.
Ti amo solo perché io te amo,
senza fine io t'odio, e odiandoti ti prego,
a la misura del mio amor viandante
è non vederti e amarti come un cieco.
Forse consumerà la luce di Gennaio,
il raggio crudo, il mio cuore intero,
rubandomi la chiave della calma.
In questa storia solo io muoio
e morirò d'amore perché t'amo,
perché t'amo, amore, a ferro e fuoco.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXVII
La gran pioggia del sud cade su Isla Negra
come una sola goccia trasparente e pesante,
il mare apre le sue fredde foglie e la riceve,
la terra apprende l'umido destino di una coppa.
Anima mia, dammi nei tuoi baci l'acqua
salubre di questi mesi, il miele del territorio,
la fragranza bagnata da mille labbra del cielo,
la pazienza sacra del mare nell'inverno.
Qualcosa si chiama, tutte le porte s'apron sole,
racconta l'acqua un lungo rumore alle finestre,
cresce verso il basso il cielo toccando le radici,
e così tesse e stesse il giorno la sua rete celeste
con tempo, sale, sussurri, crescite, strade,
una donna, un uomo, e l'inverno sulla terra.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXVIII
(Mascherone di Prua)
La bimba di legno non giunse camminando:
fu lì d'improvviso seduta sui mattoni,
vecchi fiori del mare coprivano la sua testa,
il suo sguardo aveva tristezza di radici.
Lì stette a guardare le nostre vite aperte,
l'andare, l'essere, girare e tornare per la terra,
il giorno che stinge i suoi petali graduali.
Vegliava senza vederci la bimba di legno.
La bimba coronata dalle antiche onde,
lì guardava coi suoi occhi sconfitti:
sapeva che viviamo in una rete remota
di tempo e acqua e onde e suoni e pioggia,
senza sapere s'esistiamo o se siamo il suo sogno.
Questa è la storia della fanciulla di legno.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXIX
Forse non essere è esser senza che tu sia,
senza che tu vada tagliando il mezzogiorno
come un fiore azzurro, senza che tu cammini
più tardi per la nebbia e i mattoni,
senza quella luce che tu rechi in mano
che forse altri non vedran dorata,
che forse nessuno seppe che cresceva
come l'origine rossa della rosa,
senza che tu sia, infine, senza che venissi
brusca, eccitante, a conoscer la mia vita,
raffica di roseto, frumento del vento,
e da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo.
Cento sonetti d'amore
di Pablo Neruda
SONETTO LXX
Forse sono ferito senza essere insanguinato
da uno dei raggi della tua vita
e a mezza selva mi trattiene l'acqua:
la pioggia che cade col suo cielo.
Allora tocco il cuore inzuppato:
lì so che i tuoi occhi penetrarono
per la regione estesa del mio dolore
e un sussurro d'ombra sorge solo:
Chi è? Chi è? Ma non ebbe nome
la foglia o l'acqua oscura che palpita
a mezza selva, sorda, per la strada,
così, amor mio, seppi che fui ferito
e lì nessuno parlava, altro che l'ombra,
la notte errante, il bacio della pioggia.
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