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Poesia di Giovanni Pascoli
L’usignolo e i suoi rivali

Canti di Castelvecchio
di Giovanni Pascoli

Egli coglieva ed ammucchiava al suolo
secche le foglie del suo marzo primo
(era il suo nuovo marzo), il rosignolo,

per farsi il nido. E gorgheggiava in tanto
tutto il gran giorno; e dolce più del timo
e più puro dell’acqua era il suo canto.

Cantava, quando, per le valli intorno,
cu... cu... sentì ripetere, cu... cu...
Ecco: al cuculo egli cedette il giorno,
e di giorno non volle cantar più.

Non più di giorno. Ma la notte! Appena
la luna estiva, di tra l’alabastro
delle rugiade, tremolò serena,

riprese il verso; e d’ora in poi soltanto
cantava a notte; e lucido com’astro
e soave com’ombra era il suo canto.

Cantava, quando, da non so che grotte,
sentì gemere, chiù... piangere, chiù...
All’assiuolo egli lasciò la notte,
anche la notte; e non cantò mai più.

Or né canta né ode: abita presso
il brusìo d’una fonte e d’un cipresso.

Canti di Castelvecchio di Pascoli

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