Poesia di Giosuè Carducci
Su l'Adda
Corri, tra' rosei fuochi del vespero,
corri, Addua cerulo: Lidia su 'l placido
fiume, e il tenero amore,
al sole occiduo naviga.
Ecco, ed il memore ponte dilungasi:
cede l'aereo de gli archi slancio,
e al liquido s'agguaglia
pian che allargasi e mormora.
Le mura dirute di Lodi fuggono
arrampicandosi nere al declivio
verde e al docile colle.
Addio, storia de gli uomini.
Quando il romuleo marte ed il barbaro
ruggîr ne' ferrei cozzi, e qui vindice
la rabbia di Milano
arse in itali incendii,
tu ancor dal Lario verso l'Eridano
scendevi, o Addua, con desio placido,
con murmure solenne,
giú pe' taciti pascoli.
Quando su 'l dubbio ponte tra i folgori
passava il pallido còrso, recandosi
di due secoli il fato
ne l'esile man giovine,
tu il molto celtico sangue ed il teutono
lavavi, o Addua, via: su le tremule
acque il nitrico fumo
putrido disperdeasi.
Moriano gli ultimi tuon de la folgore
franca ne i concavi seni: volgeasi
da i limpidi lavacri
il bue candido, attonito.
Ov'è or l'aquila di Pompeo? l'aquila
ov'è de l'ispido sir di Soavia
e del pallido còrso?
Tu corri, o Addua cerulo.
Corri tra' rosei fuochi del vespero,
corri, Addua cerulo: Lidia su 'l placido
fiume, e il tenero amore,
al sole occiduo naviga.