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Poesia di Filippo Cerchio
Se fossi in voi (Piattole del Parlamento)

Se fossi in voi
Mi toglierei di mezzo
E lascierei a questi
Raggi in putrefazione,
Perchè fortemente oppressi,
La libertà di volare,
Di esistere,
Di conoscere.

Conoscete voi le svariate
Sinfonie di Mahler,
L'opera di Boulez
Nella suà assordante
E geniale intelligenza,
L'opera in versi di
Zanzotto, poeta di tutti,
Le critiche della
Prosa di De Robertis,
I quadri di Picasso,
Di Caravaggio?

No, non credo;
La vostra sublime
E appagante ignoranza
È il sudicio biglietto
D'ingresso al formidabile
"Museo delle Ruberie";

Il mio timore è vedervi
In poltrona, in panciolle,
Trapunti da aghi secchi
Di opulenza,
Di obesità, di infantile
E semi-patetica gogliarida.

La verogna dovrebbe
Esservi assegnata
In veste prescelta
Di dimora a vita,
Dove scontereste infinitamente
L'avidità dei vostri
Referendum coglioni.

Se fossi in voi
Mi farei una doccia,
Per purificarmi,
Per depurarmi dalle scorie
Di viltà e ingordigia
Che vi si sono
Attaccate indissolubilmente,
Come il figlio al padre,
Il muschio al tronco,
Il nucleo al guscio.

Strazio sofferto
Godervi nell'atto
Sacro, ma da voi
Dissacrato, di
Governarci, di redimerci;

Vecchie prostitute di regime,
Pusillanimi, fessi,
Adescatori impazienti,
Diavoli.

Assurdi e marci
Nella quotidiana lotta
Per l'indennità, per la legge,
Per la norma migliore
Consona al vostro
Regime eterno
Di dominatori insolenti,
Illusi e perdenti.

Siete poveri, scarni:
Ingranaggi rotti
Di un giocattolo rotto,
Che riesce a
Rompere tutti, o quasi.

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