Poesia di Carlo Betocchi
La panca contadina
Odi il canto del gallo, odi le prime
campane, cosi come tu sei, ora,
da stanca suppellettile, mio cuore,
come quando è mattina
nella vecchia cucina,
la panca contadina, e tutti dormono;
che pur se tra le fibre ti si legga
ancora picchiettato d'albe e canti
di galli, ben poco hai appreso, cuore,
dalla vita già verde;
e ormai nient'altro costi,
ridotto a intagli e tacche come sei,
che quel che vale ciò che sempre serve.
Perciò, già che sei vecchio, e tutti passano
su di te levigandoti,
chi per suo agio chi per baloccarsi,
bada a non metter schegge che feriscano
le giovinette carni ai più bambini,
via via che più tarmato e secco sèi
e più 'prossimo a farti poca cenere
al primo odor di bruciaticcio...
(Da L'estate di San Martino, 1961)
Un'analogia fra l'attempato poeta e un vecchio oggetto (stanca suppellettile): la panca contadina; ma la lirica è anche elegia della vita trascorsa (già verde), dei dolori patiti da un cuore sensibile (ridotto a intagli e tacche: e ricorda quello montaliano, scordato strumento), e speranza di pace per le nuove generazioni.