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Poesia di Tony Basili 
Solo il Nibbio  - 88

Se fossi teco nel letto, caro amore

Starei a rigirarmi a destra e a manca

Senza nemmeno sbuffar di malumore

Ché tu col pie’, oppure con mano franca,

Appena che ti giunga alcun rumore

Mi tiri una manata o un colpo d’anca

Sicché mi vien da pensare che di scintille

Ardano le alcove di certe sibille.

 

Se ‘l fossi , ma ahimè son nel mio letto

Su questo colle imprigionato, già da mesi,

e penso al tempo passato con sospetto

in cui al tran tran di città con te attesi

ed il giorno scorre lento senza progetto

come fiume sotto il ponte e bene spesi

vedo i minuti, i giorni ed il futuro:

se rimango qui divento spirito puro.

 

Se ‘l fossi, farei di maggio l’amore,

ma non c’è ombra qui d’una carezza

e sogno spesso quel tuo celato ardore

che il ricordo mi sfiora come brezza

che all’afa spira ed attenua il fragore

che mi bolle dentro, una schifezza,

che mi sta facendo il cor una laguna

su cui aleggia fosca e livida la luna.

 

Ma io qui mi trovo e non nel ghetto

costretto a confrontarmi con pupazzi

io son qui e riconfermo il sospetto

pe’l giorno in cui giunsi tra cacacazzi

pieni d’ansie che riducon ogni affetto

ad un momento rutinario, che sollazzi

rechino secondo un calendario stabilito

irto di date e d’impegni ben scandito.

 

Io son qui ricordando ancor quei giorni

In cui ti intrigavi seriosa a lavorare

Con le cesoie attente sui contorni

Di un cespo di rose per collimare

I germogli, per dar senso ai tuoi soggiorni

Del giovedì interrotti per andare

A trottolar d’ipotesi sciocche il sesso

Con cui vi infoia il guru com’un cesso.

 

Io son qui, senza catena, spiro di vento,

e non mi mancano amorevoli attenzioni

Ma per l’ abbandono più non mi sgomento,

Che ne ho non ti dico di tentazioni

Ma che non sian come te, sì mi tormento

Per l’intoppo che può far le conclusioni,

Che dovevamo patir angosciante amore

E a ricordare ancor mi piange il cuore.

 

Come possa ritrovare compagnia

Non so proprio ché ne scarto tante

Perfino una giovane amica di mia zia

E tu che mi consigliavi una badante

Ma non ne vedo adatte per la via

Che mi rendano il cuore trasognante:

di donne ne so tante ma han l’aspetto

di mantenute che tosano un capretto.

 

Ed allora sto casto e guardo in giro

A cercar una donna non più bionda

Con gli occhi nero pece e a lei sospiro

sognando di solcar con lei altr’onda,

Fino al limitar del palo, ove lo spiro

Varia l’acqua in argento o altra sponda

Lungi da quel fogname di quel posto

Ove ritrovar l’amore dopo agosto.

 

Ma io son qui sul colle e se fossi teco

So che a discuter saremmo ore ed ore

Di quel fatto ultimo, né un prego

Posso mai fornir a lenir l’orrore

Costruito a più mani in quello speco

chè ne val la borsa più che l’ onore

E tu da pora donna rincitrullita

Ti fai guidar da loro a fuggir la vita.

 

Sento ora la pioggia battere sul vetro

Per questo acquazzone di primavera

Ed il cielo d’improvviso farsi tetro

Ovunque, fino ai gioghi della criniera,

E ricordo il tempo in cui le tamerici

Bastava veder per renderci felici.

 

Ma non so se infine quello era amore

E che scriva ancora per la tua doglia,

Perché il tuo cinismo, oh mi fa orrore

E dai gangheri or più non mi spoglia

E se tu pensavi con quel tuo candore

Che occorreva un’analisi dal raglia

Sbagli proprio e non c’ho più la rabbia,

ché la testa la tieni tra la sabbia.

20.5.08

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