Poesia di Tony Basili
Irrequietezza
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Non so, non so e vado ognor cercando
Nel volto della gente in cui m’imbatto
E vuoto vedo negli occhi e un lacrimando
Andar innanzi or a petto in fuori o quatto,
Ma incespico dovunque vaneggiando
Che non so se subir ancor il ricatto
Se debba sostener fino a fondo il morso
Per attinger chissà dove l’ultimo sorso.
Non so, non so e quando la tua fede
Incontro, che mi pare fantascienza,
Mi raccolgo per capir perché si crede
E paletti vedo di fragile credenza
Che servono a delimitar, per chi procede,
Il sentiero che va senza una scienza
Avanti verso l’illusione che sostenta
L'idea di cui si gode o si paventa.
Non so, ma vorrei, e quanto pianto vano
Ho lacrimato sul tuo uscio ch’è serrato,
E l’ho battuto che mi sanguina la mano,
invocando ora piano ed or concitato,
ma inutile cercar fin dal sultano
che ti concede non già perch’è pregato
ma seguito a sperar ancor che scriva
per scordar qualcosa che non m’arriva,
E guardo avanti, ma pare un sogno tutto
Di quelli che si fanno a pancia piena,
ma avevo l’ali, ora al sole mi butto
E sento vibrar un che nella schiena
Come una cosa che di colpo, asciutto
Mi fa valicare il mar e sulla riviera
Mi trovo a planar immerso nella brezza
Che mi dà un'indicibile dolcezza.
Ma poi mi trovo solo sulla riva
perlustro intorno e non vi trovo niente
Che possa dar un senso alla deriva,
trovandomi ove non c’è ombra di gente
o se appare, mi pare muta e schiva,
o che blatera come fuor di mente,
e mi rinchiudo a riccio tra la sabbia
cercando di smaltir la muta rabbia.
Ma la vita è bella piena d’interessi
Che si coltivano nei prati e col lavoro,
si fanno scoperte mostrate nei congressi
e ci s'intitola un azzimato concistoro,
finendo col vantar che siam ben messi
sulla strada che ci darà ristoro
e così proseguendo con la fantasia
qui siamo giunti che par chiusa la via!
Ma cosa si può far per questa crisi?
aspettiamo sulla sponda che ci passi,
sperando che comunque i campi elisi
ci spettino per diritto perchè lassi
vi saremmo giunti come cenci lisi
che il vento lacera in cento scassi
e ci tufferemmo nel sozzo gorgo
dal quale s'è destino forse risorgo...
Ma io sono proprio qui, che mi fa pena
Questo tentar d’andare verso il nulla
Ed a girarmi intorno non ho più lena
E vedo che l’error fu dalla culla,
Nascer e porre tutto sulla schiena,
Per tirare avanti nell’illusion fasulla
Che ci spetti infin una mangiatoia
Dove si giunge con qualche scorciatoia.
Così sto qui né ancor un passo muovo
Su questo colle alto, dove il sole
Mi inebria con la quiete che vi trovo
Mi porta sollievo, se tra le aiuole
Vado con te per mano e ciò che provo
Mi dice ch'è la meta...e non son fole!
Ma questo credo duri quanto il giorno
va avanti a strumentar e poi c’è lo scorno!
C’è un’altra cosa, pur magari bella,
ma non si addice alla tua natura
che a volte par semplice, ma poi fella
muta e non sa tenersi sempre pura
che spesso l'esigenza l’affardella
e col benessere il vizio la snatura,
ma uno sprazzo ancor ho del ben che avevo
e non so se val riaver, o perché lo devo.
Eppure a te m’affido, che tutto vedi,
Solo a te infinita grande luce
Che in tutto ciò che penso mi procedi
E di questo ritornar di taglia e cuce,
Mantieni il dominio e lo possiedi
Sapendo dove il passo ci conduce,
Ma pur dovevi dirmi che quest’uomo
Non conta un fico. Forse per il pomo?
Se a camminar, sempre in un posto
mi ritrovo, quando d’andar son lasso
e volgendomi al cielo, dicessi or sosto,
aspettando che mi spinga un altro passo
ed intanto al taccuino che ci ho accosto
scrivessi qualcosa ed altra scasso
e chiedessi così a cosa serve andare
ed a cosa serve il cammin segnare...!
Il cielo guardo, è bello qui vagare,
Indugiarsi sull’onda dei miei boschi
Che con le cime vanno a digradare
Fin giù ai piani del Cavaliere, foschi
Di nebbia e brume ed il suo alitare,
E lungi da qui, no! Che il cor s’attoschi!
2.12.08