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Poesia di Angelo Michele Cozza 
Neppure il tempo di darmi il benvenuto 


Neppure il tempo di darmi il benvenuto
che supersonica mi suggerivi l'accomiato.
Non avevo denti bianchi, sorriso smagliante:
a concorsi di bellezza e vanità maschili
non avevo mai superato l'esame di ammissione
e già nel preambolo lo avevo pubblicato.
Dovevo avere di certo e comunque
un aspetto impressionante
ma tu chiudendo gli occhi
eroicamente pur volevi affondare le mani
nel velluto delle tasche del mio cuore,
frugarvi e rinvenire l'irrefutabile prova
confortata da un reperto tangibile
che il tuo fascino femminile, pur con l'età,
inalterato doveva era rimasto su un uomo.
Volevi toccare ferro e l'alibi fine
“dell'amico” ben occultava e riparava
il volto crudele di un disegno
istigato e ben congegnato (ma inconfessabile)
dalla tua avvenenza ancora ben preservata;
scaltra, di sicuro, poi qualcosa dalla vita
pur avevi imparato: la diplomazia!
Polverulento si sfaldò in un niente
lo scheletro del telaio in cui,
se in altro modo fossero andate le cose,
tentare di incorniciare potevi la tua vita.
Ne presi atto, ma non in un colpo solo:
ci volle tempo per perdere il privilegio
della tua presenza e edificare a malincuore
mura isolanti sul limite della tua assenza.
Arrotolai così quasi invariato
il foglio su cui registravo i cambiamenti
del mio destino e mi conformai ai voleri
del tuo palinsesto previo sostituzione
di una congiunzione con un disgiuntivo.
Bruciatosi l'invisibile filamento
la lampadina da pochi watt si spense:
tornato il buio, (il mio luminoso buio !)
che altro più avrei potuto vedere
oltre lo sfarfallio di una neve fuori stagione.
Non si combatte contro le ombre
dei mulini al vento dell'indifferenza
se spento è il sole o manca la luna
se solo la delusione c'è rimasta di radioso
o in buco nero collassato è l'astro polare.
Breve dura la vita: rarissime poi le comete
e mai due volte la stessa acqua ci bagna.

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