Purgatorio è la seconda delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Le altre cantiche sono l'Inferno ed il Paradiso.
Meno evidente la partizione nel Purgatorio dove i gironi sono sette, cui si deve però aggiungere l'Anipurgatorio ( dove sono puniti gli spiriti negligenti ) e la spiaggia a formare ancora nove zone nella montagna con sulla vetta il Paradiso terrestre, per un totale di 10.
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di que' secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Callïopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d'orïental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a gli occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta
che m'avea contristati li occhi e 'l petto.
Lo bel pianeta che d'amar conforta
faceva tutto rider l'orïente,
velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva il ciel di lor fiammelle:
oh settentrïonal vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!
Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l'altro polo,
là onde il Carro già era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
de' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan sì la sua faccia di lume,
ch'io 'l vedea come 'l sol fosse davante.
«Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la prigione eterna?»,
diss'el, movendo quelle oneste piume.
«Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?».
Lo duca mio allor mi diè di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fe' le gambe e 'l ciglio.
Poscia rispuose lui: «Da me non venni:
donna scese del ciel, per li cui prieghi
de la mia compagnia costui sovvenni.
Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi
di nostra condizion com'ella è vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.
Questi non vide mai l'ultima sera;
ma per la sua follia le fu sì presso,
che molto poco tempo a volger era.
Sì com'io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non v'era altra via
che questa per la quale io mi son messo.
Mostrata ho lui tutta la gente ria,
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan sé sotto la tua balìa.
Com' io l'ho tratto, saria lungo a dirti;
de l'alto scende virtù che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu il sai, ché non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara.
Non son gli editti eterni per noi guasti;
ché questi vive e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che in vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuoi sette regni:
grazie riporterò di te a lei,
se d'esser mentovato là giù degni».
«Marzïa piacque tanto a gli occhi miei
mentre ch'io fui di là», diss'egli allora,
«che quante grazie volle da me, fei.
Or che di là dal mal fiume dimora,
più mover non mi può, per quella legge
che fatta fu quando me n'usci' fora.
Ma se donna del ciel ti move e regge,
come tu di', non c'è mestier lusinghe:
bastiti ben che per lei mi richegge.
Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto e che gli lavi 'l viso,
sì ch'ogni sucidume quindi stinghe;
ché non si converria, l'occhio sorpriso
d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, ch'è di quei di Paradiso.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l'onda,
porta de' giunchi sovra 'l molle limo:
null'altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote aver vita,
però ch'a le percosse non seconda.
Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mosterrà, che surge omai,
prendere il monte a più lieve salita».
Così sparì: e io sù mi levai
sanza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e gli occhi a lui drizzai.
El cominciò: «Seguisci li miei passi:
volgiànci in dietro, ché di qua dichina
questa pianura a' suoi termini bassi».
L'alba vinceva l'ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
Noi andavam per lo solingo piano
com'om che torna a la perduta strada,
che infino ad essa li pare ire invano.
Quando noi fummo là 've la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
ove, ad orezza, poco si dirada,
ambo le mani in su l'erbetta sparte
soavemente 'l mio maestro pose:
ond' io, che fui accorto di sua arte,
porsi ver lui le guance lacrimose;
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l'Inferno mi nascose.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
omo che di tornar sia poscia esperto.
Quivi mi cinse sì com'altrui piacque:
oh maraviglia! ché qual elli scelse
l'umile pianta, cotal si rinacque
subitamente là onde l'avelse.
Tutti i Canti del Purgatorio